Nel secolo scorso il sindacato è stato una delle organizzazioni più influenti sulle vicende sociali ed economiche dei paesi sviluppati, in particolare dell'Europa.
1. Le varie dimensioni del potere sindacale
Nel secolo scorso il sindacato è stato una delle organizzazioni più influenti sulle vicende sociali ed economiche dei paesi sviluppati, in particolare dell'Europa.
Tale influenza si è fondata sulla sua capacità di organizzare e rappresentare il mondo del lavoro dipendente con una continuità nel tempo non eguagliata da nessun'altra associazione di natura volontaria; ma ha avuto origini ed espressioni ulteriori nella capacità di mobilitare su obiettivi sociali il sindacato (Cella 1999) anche ampi settori di lavoratori non associati e di rappresentarli con azioni collettive di tutela.
Queste radici autonome di influenza sono state rafforzate i n mol ci paesi, fra cui il nostro, da una
legi lazione protettiva e di sostegno che ha attribuito al sindacato diritti sia nei luoghi di lavoro ia nel mercato del lavoro e i n i ticuzioni pubbl iche di var.ia na mra.
Inolcr tali poteri sociali e isri ruz.Ionali isono consolidati nel tempo anche per rapporti con i sistemi politici nazionali e con i partiti, in particolare con quelli cosiddetti pro labour.
Queste diverse dimensioni del potere sindacale associativo, di rappresentanza sociale, istituzionale e politico hanno avu to il rnas im vil uppo nei primi decenni del econdo dopoguerra - i co iddecri crenta anni gloriosi du rante i quali ono cari espre si ne di u n pl u raUsmo sociale i n a cesa sorre co da uJ, forre
dinamismo economico (Cella 1999; Baglioni 2005;
Blanchard 2002).
A partire da quel periodo, grosso modo dagli anni Ottanta del secolo scorso, l'influenza e i poteri del sindacato sono stati messi in discussione da fattori diversi e sono stati contrastati spesso apertamente con l'accusa di essere fra le cause delle ricorrenti difficoltà
economiche e di costituire un ostacolo alle flessibilità e alle innovazioni richieste dai nuovi mercati. Da allora
si è cominciato, non solo nel no r ro paese, a parlare di crisi e di declino del sindacato per analizzarne le ragioni, le prospettive e dagli osservatori vici ni al
mondo del lavoro, i possi bili rimed i. :È. propri a questi che si devono (comprensi bil men te) l e indagi_ai pi ù approfond i te e preoccupare.
Analisi e dibattiti si sono succeduti fino ad oggi mettendo in luce criticità comuni ma anche e forse soprattutto la complessità delle linee evolutive e l'incertezza delle prospettive.
2. Il declino della sindacalizzazione
Una tendenza generale da tutti rilevata riguarda l'andamento della sindacalizzazione, che è considerato il principale indicatore del potere sindacale. Nella grande maggioranza dei paesi industriali avanzati il numero assoluto degli iscritti al sindacato, dopo aver raggiunto il livello più elevato negli anni Settanta, si è
JL SIN DACATO NEL MO N D O C H E CAM B IA: DALLA FO RZA DEL SECO LO SCO RSO
ALLE CRITICITÀ ODIER N E di Tiziano Treu
154
progressivamente .ridorro nci decenni successivi, pur con significative d iver irà da caso a caso (Bordogna 2005; Feluio 2005·· Pedersini, 2010; Boeri,
Brugiavini Calmfors 2002, parte I, 1; Baglioni 2008). Quasi sempre è diminuito in misura ancora più marcata il tasso di sindacalizzazione, cioè il rapporto
t ra iscri tti e lavoratori d ipendenti, che ind ica la capacità del sindacato di .radicar i fra la propria ba e di riferi men to. Secondo le indagini più recenti, ipae i
che aH'inizio del secolo presenta no pi ù iscri tti al
sindacato che negli anni Novan ta sono ridotti a 5-6, mentre oltre due terzi del totale registrano una spesso marcata diminuzione dei lavoratori sindacalizzati (Bordogna 2005, 219).
I..:esperienza italiana ricalca la dinamica tendenzialmente d pressiva della sindacalizzazione d i quasi tutti i paesi occidentali, peralrro dimoscrando u na tenuta comparariva!neoce migliore di quella d i alrri sistemi. Una flessione delle adesioni si è regisrraca nel decennio 1990-2000, peraltro compensata dalle iscrizioni crescenti dei pensionaci che sono arrivaci a costituire la componente in assoluto più numerosa degli iscritti alle tre principali confederazion i (Fekd n 2005). Tra gli occupati icassi di sindacalizzazione ono c1. .laci dal 38,8% del 1986 al 31,6% del 2006 (Feltrin 2008).
La tendenza sembra essersi stabilizzata negli anni più recenti, che registrano anzi un aumento del numero assoluto degli iscritti attivi: questo peraltro non ha frenato la (sia pur) contenuta diminuzione del tasso di sindacalizzazione (Pedersini 2010).
La divergenza fra idue indicatori si piega, in Italia come altrove, per il farco che nonosrallte la crescita delle ade ion i pecie nei settori tabili sul piano occupazional (manifattura e pubblico impiego), i sindacati non riescono a organizzare i lavoratori nei settori economici in espansione.
Le tendenze generali in questione mostrano significative variazioni, non solo fra paesi ma secondo
diverse variabili: anzitutto il settore economico e le dimensioni di impresa e poi le variabili sesso ed età.
La frarmra pi ù net ta i n tutti .i pae i, pur con
qualche diver ità, è quella fra seccare pubblico e seccore privato, in particolare manifa tturiero. li pubblico
impiego presen ta ovunq ue una densità sindacale più elevata che nd sercore privato di mercaco, e con differenze nettissime: la densità in questo settore è
oltre quattro vol te maggiore che nell'area privata, in paesi come tari Uniti e Canada, oltre tre volte in Gran Bretagna, rre volte i n Francia. In Ital ia il tasso di sindacalizzazione riferito alle tre maggiori confederazioni, che viene di solito rilevato, è (solo) di 2-3 punti superiore a quello medio ma va considerata la fort presem.a nel pubblico impiego di organizzazioni sindacal i autonome che incrementano questo tasso di almeno 1O punti.
I settori manifatturieri presentano un tasso di sindacalizzazione tendenzialmente più elevato delle categorie dei servizi di mercato, cioè non protetti.
Questa tendenza si lega alla variabile età, perché la propensione ad aderire al sindacato è maggiore per i lavoratori maturi, largamente presenti nei settori industriali, che fra i giovani (Bordogna 2005).
Analogamente marcate sono le differenze nella sindacalizzazione a seconda dei tipi di contratti di Lavoro. La propensione a L criversi è minore, per
ragioni evidenti, fra i lavoratori pare time che fra quel l i a tempo pieno e ancora pi LL nettamente fra ilavoratori atipici o precari; il che è u na delle ragioni del minore
ca · o di sinda alizzazione dei giovani.
Meno univoca è l'influenza della variabile genere, perché esistono paesi dove il tasso di sindacalizzazione femminile è largamente inferiore a quello maschile (Germania, Austria, Giappone, Olanda), altri in cui esso è pressoché uguale fra i due sessi (Francia, Canada, Irlanda, Stati uniti), e altri ancora in cui esso è superiore (i Paesi Nordici e la
AREL la rivista I I/20n
sressa Gran Brecagna). Queste differenze iricengono ricond ucibili al d iverso scacus occu pazionale deUe don ne nei vari paesi , nonché alla diversa dimensione relaciva del sercor pu bblico, che ha w1a pr enza femm i n ile ad alca densità indacale.
Queste tendenze mostrano la apacirà dei sindacati di difendere le posizioni nelle aree dove si sono insediate nel passato, ma nel conrempo egnalano che anche nei casi come quello italiano, di buona tenuta organizzativa, l'area di influenza si va restringendo in confini via via più ristretti; non i.nei.de nei errori in crescita e fatica ad acrirare i nuovi lavori e le nuove generazioni . Di qui l'immagine di un sindacato accerchiam presentaca anche da chi non crede a un declino irreversibile di quesca
organizzazione (Baglioni 2008).
3. Il calo del conflitto e la riduzione dell'efficacia contrattuale
Com'è noto, il tasso di sindacalizzazione non è l'unico indicatore del potere sindacale e neppure della sua capacità di aggregazione degli interessi. Ma anche altri indicatori "interni", o non istituzionali di tale capacità manifestano segni di difficoltà e di arretramento non dissimili da quelli dei tassi di sindacalizzazione. I vari indicatori della conflittualità
- dimensione, duraca, intensità degli scopi - registrano un calo alcreccanto continuo, con qualche variazione temporale anche nei paesi come l'Italia
cradizionalmente ad alta conflittualità (Bordogna 2010). I..:epicentro dei conflitti si è andato spostando verso i settori dei servizi pubblici dove il ricorso allo sciopero è meno esposto alle sanzioni del mercato e per altro verso ha un'al ta capaci rà lesiva degli interessi degli utenti.
Cosl è del grado di copertura dei contratti collettivi anche nei paesi dove i loro effetti si estendono
155
oltre l'area della sindacalizzazione, per l'esistenza di sistemi legali di estensione erga omnes dell'efficacia. La copertu ra concractual compie iva i riduce per hé crescono i sectori, le aziende e i gruppi di lavoracori dove la contrattazione col lettiva non arriva per niente o è cosl debole da non e ere presa a base d i riferi n.1enro deU'i.nccrvenro legislativ di estensione. E i contenuti stessi della tutela contrattuale si indeboliscono o addirittura cedono ilposto a forme di contrattazione concessive o di deroga in peggi , che riducono protezioni e tutele dei lavoratori per far fron te alle crisi aziendali e ai rischi di delocalizzazione (Treu 20] 1).
lisusseguirsi di cali concra rci 'i n perdita", anche
in paesi più scabili del nostro come la Germania, sta erodendo l'espressione più tangibile dell'in fluenza del sindacato cioè la capacità di migliorare le retribuzioni e le condizioni di lavoro dei lavoratori.
4. I motivi non contingenti delle difficoltà sindacali
Alla base di queste tendenze stanno motivi non contingenti, in parte comuni ai paesi industriali avanzati, anche se mediate dai caratteri istituzionali politico-culrurali propri di ciascun ordina.mento, in parte legare ai caraneri economici e ociali dei singoli paesi. Tal i farcori han no cono·ibu ito a configurare u n contesto nel complesso favorevole all'activirà sindacale e alle azioni collettive in generale.
Il. cam biamenro più radicale deriva dall'agire combinato di due fenomeni che hanno alterato i fondamenti del modello economico e sociale del Novecento su cui si sono costruite le fortune dei sindacati industriali: la internazionalizzazione dei mercati e le profonde innovazioni tecnologiche che hanno pervaso i sistemi produttivi moderni. La globalizzazione ha alterato il campo di azione,
lL SI N DACATO N E L MO N DO C HE CAMBIA: DAL LA FO R ZA D E L S ECOLO SCORSO
ALLE CRITIC ITÀ OD IER N E di Tiziano Treu
essenzialmente nazionale, dei sindacati mettendo in crisi le funzioni principali dell'organizzazione e quella della contrattazione di "controllare la concorrenza sui salari e sulle condizioni di lavoro".
L:allargamento cosi introdotto nello spazio dell'economia rispetto all'ambito della politica e delle istituzioni nazionali, ha ridotto fino spesso ad annullarle le possibilità di queste di regolare i rapporti collettivi entro i confini statali, come è stato fin dall'origine, delle relazioni industriali.
Il nuovo contesto dei mercati mondiali ha favorito l'affermarsi di un capitalismo sovranazionale sottratto alle regole al posto di ordinamenti socio economici nazionali regolati sulla base del compromesso socialdemocratico e dei patti fra le grandi organizzazioni sociali che hanno caratterizzato il secolo scorso (Carrieri 2011). Questa evoluzione, particolarmente accentuata nei sistemi anglosassoni, ha sancito, anche sul piano istituzionale, l'alterazione degli equilibri di potere. fra le classi indotta dalle modifiche dei mercati. D'altra parte la pressione dei mercati, combinata con le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, ha indotto profonde trasformazioni nell'organizzazione del lavoro e della produzione , scomponendo e diversificando quella base sociale omogenea espressa dalla classe operaia industriale che
ha rappresentato fino a ieri il riferimento essenziale per l'offerta di rappresentanza sindacale, più ancora che
per l'azione dei partiti socialdemocratici.
Le stesse forze hanno contribuito a scomporre le strutture e le strategie dell'impresa, con un impatto meno considerato ma non meno rilevante per le dinamiche sociali, perché ha fatto venir meno la principale controparte storica del sindacalismo e il centro di massima concentrazione della classe operaia, cioè la grande impresa fordista, su cui per contrapposizione si sono costruite le strategie contrattuali e le logiche di rappresentanza sindacale.
Tali processi di d iver i 1cazione e com po rz1,one hanno riguardato non solo le ba i materiali del p cere
indacale, ma i valori, le iden tità , gli oriencam.enri cu l tu raL e gli tili d i vi ta dei .lavoratori da
rappresentare, moltiplicando le diversità di interessi e di aspettative. Essi sono stati alimentati da fenomeni più generali, diffusi nella società terziarizzata, inprimis dall'affermarsi di tendenze culturali individualiste (Cella 1999; Ceruti-Treu 2010) e, per altro verso, dall'irrompere nel mercato del lavoro di soggetti
diversi dal lavoratore maschio adulto, il "votante medio" del sindacato, le doru1e prima, poi le diverse etnie di immigrati e generazioni di giovani che non hanno mai conosciuto la fabbrica.
J.;insieme di cali fattori ha spostato l'asse delle relazioni ociali nel la direzione di una maggiore
personalizzazione e d i una ulteriore eterogenei tà, ioè in enso sfavorevole e non ostile all'organizzazione sindcale, tanto più nelle forme tradizionili, e i n genere a tutte le forme di aggregazione di interessi:
perché hanno fatto venire meno basi oggettive facilmente interpreta bili per tali aggr gazioni, e hanno indeboli to la di pon ibilicà dei n uovi lavoratori a identificarsi con i criteri di solidarietà e di altruismo che ne costituiscono l'alimento ideale.
5. Valutazioni incerte
Questi fattori di contesto sono ampiamente analizzati in tutte le riflessioni sul sindacato e sulle relazioni industriali e quindi non è il caso di considerarli oltre.
Ma la loro rilevanza in ordine allo stato e alle prospettive del si!ltema sindacale, non solo di quello i taliano , è tutt'altro che condivisa. Le divergenze in
proposi to rillettono la complessità di questi fattori e la diversità delle linee evoluciv del sindacalismo
AREL la rivista I I/20n
riscontrabili nei diversi paesi. Ma risentono in misura percepibile di criteri di osservazione "valutativi": il che non è infrequente in una materia così intrisa di implicazioni valoriali e ideologiche anche in paesi meno divisi del nostro. È significativa la stessa terminologia adottata per indicare Ja situazione attuale e prospettica de] sindacato. Tipico è l'uso del termine "declino' , che egnala spesso una
inconfessata nostalgia pet i tempi eroici del Novecento e la delu ione per la fine ingloriosa delle ambizioni ema nci pacorie del movimento operaio (Feltrin 2005 157).
Altrettanto contrastanti sono le valutazioni circa
l'utilizzo che i sindacati stanno facendo del loro
potere, specie neJle aree in cui esso è ancora solido, e le indicazioni sui fattori che possono influire sul loro futuro. Molti analisti vicini al movimento sindacale e simpatetici con le sue vicende, raccomandano cautela nel trarre conclusioni affrettate, in base a ipotesi deterministiche, e invitano a considerare le variabili politico-istituzionali , da sempre rilevanti nelle dinamiche delle Relazioni industriali: cioè le strategie di risposta degli stessi sindacati e gli interventi delle istituzioni.
I.:i ovito è pertinente, ma è seguito da valu razioni anche qui non omogenee. Le analisi
prevalenti (v. gli autori sopra ci tati) svolce sulla base deUa considerazione sia dei fattori endogeni. alle dinamiche sindacali sia degl i orientamenti istituzionali tendono a sospendere il giudizi0 o a escl udere il crollo definitivo e ildeclino irreversi bi le dei indacari. Tali cond u ioni sono peraltro legare al contesto economico e istituzionale europeo concio ncale, da sempre più fu.vorevole aUa presenza sindacale, oltre che talora agli
01:iencamenci degli os ervacori.
In ogni caso assegnano pesi diversi ai diversi fattori che stanno alla base del radicamento e dell'influenza del sindacato; da una parte agli elementi
157
ndogeni che esprimono la capacità del indacarn d i attrarre ade ioni u base idcnricaria e di tutela
oll ttiva; dall'altra al sostegno istituii nale
d i poni bile alJ'artività sindacale dentro e fu ri i luoghi d i lavoro, fino agli incentivi alla sindacalizzazione consi tenti nell'offerta di servizi, individ uali e d i gruppo, ma comunq ue differenziati.
Ogn i i potesi sulla consistenza e sulla ten u ta del potere i ndacale deve in efferri val utare il peso di questi ere ordini di fattori, singolarmente consideraci
o i n com binazione fra loro· come di seguito cercherò d i fare.
6. I fattori motivazionali della sindacalizzazione e le strategie organizzative del sindacato
Indicazioni sulla rilevat1za di fattori
'motivazionali ' per l'adesione al sindacato si trovano
in alcu ne ricerche, peral tro non ancora iscematiche né concordanti .
Una rcceme i ndagi-11e sulla situazione italiana, nel conformare la pluralità delle mot.iva1joni dei lavoratori, sottolinea come quesre si basino ancora prevalen temen te sulla esperienza delle condizioni di lavoro e per altro verso ulla capaci tà del sindacato d i tutelare tali cond izio 1i (Carrieri 2011).
Aggiu nge be le ce se ragioni connesse a pi n ce idenri rarie e ideologiche, ancord1é d ifferenziate per età e per esso dei lavoratori non sembrano desrinare a sparire concrariamenre a quanto ostiene una opinione diffusa; sem mai tendono a combinarsi con altri incentivi material i i ndividuali e collettivi.
A motivi simili sembrano sensibili anche i lavoratori non standard che, comprensibilmente, sottolineano in particolare il bisogno di difesa del posto di lavoro.
I L SI N DACATO N EL M O N DO CH E CAM B IA: DALLA FO R ZA D EL SECO LO SCO RSO
A L LE C RITICITÀ O D IERN E di Tiziano 1ì·eu
Un altro dato relativo alle motivazioni rilevate nell'indagine indica come una percentuale significativa dei lavoratori considerati non sfugga intenzionalmente al contratto col sindacato, ma sia piuttosto
difficilmente raggiungibile dai rappresentanti sindacali a causa della dispersione dei luoghi di lavoro, della instabilità dell'occupazione e della distanza anche fisica dalle reti associative. Tali rilevazioni confermerebbero
le difficoltà del sindacato di reclutare iscritti fra questi soggetti, ma anche le sue potenzialità di tenuta e persino di crescita associativa: potenzialità che potrebbero essere meglio sfruttate intensificando e adeguando i messaggi e gli strumenti organizzativi.
Una situazione simile è rilevata anche da ricerche europee che hanno analizzato una serie di pratiche messe in atto da vari sindacati nazionali per migliorare i metodi di reclutamento, soprattutto nei confronti dei gruppi di potenziali aderenti non toccati dal!'ordinaria attività sindacale (European Foundation 201O). I nuovi metodi organizzativi rilevati dall'indagine presentano due dimensioni principali: per un verso fanno leva sulla importanza, anche per questi gruppi, della tutela collettiva, delle condizioni
di lavoro e di welfare, valorizzando quindi motivazioni tradizionali di gruppo; d'altra parte si dirigono in modo personalizzato a stimolare, anche con campagne personalizzate di informazione e di "awareness raising' , il coinvolgimento dei singoli in attività di social network che costituiscono esse stesse un incentivo ad associarsi, e non un costo.
Le innovazioni più utili non sono solo di carattere organizzativo ma implicano un riorientamento dell'azione sindacale capace di attivare incentivi coerenti con le nuove identità e aspettative dei vari tipi di lavoratori.
Sulla base di considerazioni simili si è argomentato, più in generale, che una risposta efficace alle nuove realtà personali e collettive di lavoro
richiederebbe l'adozione di metodi organizzativi e di tutela più vicini all'azione dei sindacati "professionali" e di mestiere proprie delle origini che non alla contrattazione standardizzata e alle campagne di mobilitazione di massa proprie del sindacalismo industriale (Cella 2007) .
7. I limiti delle strategie organizzative e il
rischio del sindacato degli insider
Le indicazioni provenienti da tali ricerche, pur dando conto del dinamismo e di una capacità di innovazione organizzativa dei sindacati europei, che oltretutto richiedono l'impegno di consistenti risorse umane e finanziarie, riconoscono che tali pratiche innovative non hanno ancora prodotto risultati sostanziali sull'andamento della sindacalizzazione (European Foundation 2010). Il che confermerebbe le opinioni di chi ritiene insufficiente far leva sulle risorse interne del sindacato e in genere su incentivi motivazionali anche personalizzati per invertire la tendenza al declino della sindacalizzazione. In effetti anche le pratiche più innovative avanzate dalla tesi sopra richiamata, che fanno leva sulla identità professionale dei nuovi lavoratori, possono essere appropriate per gruppi fortemente consapevoli di tale identità e che, per la loro educazione e posizione professionale, possono esercitare forme significative di controllo sul mercato del lavoro o su segmenti di questo (come facevano le craft unions delle origini).
Difficilmente sono applicabili con successo a quei lavoratori precari e parasubordinati provvisti di qualificazione incerta e di ancora più debole autonomia contrattuale sul mercato.
Il controllo di gruppo sull'offerta del proprio lavoro e sulle condizioni di contratto, tipico del sindacalismo professionale, rich iede un alto grado di
AREL la rivista I I/2on
coesione e di capacità di azione collettiva, che sono precisamente gli elementi messi in discussione dall'indebolirsi dei legami di solidarietà e dal]'allentarsi in generale del tessuto sociale indotti dalla cosiddetta. modernità. Del resto le stesse valutazioni più ottimiste circa l'efficacia dei nuovi strumenti di reclutamento rilevano come essi siano lungi dall'essere prati cari in modo prevalente dalle organizzazioni sindacali, per le quali è difficile vincere la naturale inclinazione a concentrarsi sui rappresentanti "prediletti", cioè sui gruppi di lavoratori che ne costituiscono la base storica e che assicurano a tutt'oggi le principali risorse materiali e politiche (Cella 2007). In effetti i principali ambiti di riferimento del]'azione sindacale e dell'impegno organizzativo continuano a coincidere con le aree tradizionali di insediamento: i lavoratori stabili dell'industria manifatturiera e del!'edilizia, i vari settori del pubblico impiego e, per il caso italiano, i pensionati.
I critici del potere sindacale, di destra e di sinistra, non hanno mancato di rilevare come tale "attrazione" naturale abbia portato i sindacati a perdere di vista gli interessi dei nuovi lavoratori in po izione di outsider, o ancor pi ù grave li abbiano distolti dall impegno ad affermare ben.i pubblici
riconosci bili da un pu bblico piì.1 vasto delle car.egor.ie tradizionali, queU'impegno che ha daro legittimazione sociale ampia, e persino momenti di popolarità , al movimento sindacale nel secolo scorso. Laffievolirsi di tale impegno contribuisce ad avallare l'immagine diffusa oggi nell'opinione pubblica e talora alimentata ad arte dagli antagonisti economici e politici, di un sindacato non solo accerchiato ma orientato alla conservazione delle proprie posizioni di potere più che all'innovazione economica e sociale.
Per altro verso offusca le capacità di "rileborazione identitaria" necessarie a rendere efficaci e attrattive le stesse azioni di promozione organizzativa e
159
le proposte di mobilitazione rivolte da alcuni sindacati verso la società dei lavori (Carrieri 2011).
Tali considerazioni critiche hanno indotto osservatori non ostili al sindacato, ma proprio per questo preoccupati del suo declino, a ritenere che la possi bilità di allargare la base associativa del potere sindacale in senso più inclusivo richiede ben di più che innovazioni organizzative e motivazionali, bensì un riorientamento strategico degli obiettivi del sindacato che faccia leva sulla «crescita di domanda di tutela e diritti che attraversa il mondo del lavoro post fordista, tutt'altro che pacificamente risolto» (Carrieri 2011) e che assuma la centralità dei lavori ridefiniti. Si tratta di indicazioni spesso ancora generiche, che sembrano evocare una nuova stagione del "sindacato dei diritti". Esse postulano un allargamento degli orizzonti del!'azione sindacale e il ricorso a risorse ulteriori rispetto a quelle interne dell'organizzazione, che sono necessarie per rispondere alla domanda di nuovi
diritti: da una parte risorse giuridico/istituzionali, dall'altra forme di interlocuzione di alleanza con altre organizzazioni sociali e politiche. Lattenzione del sindacato dovrebbe andare oltre le organizzazioni frequentate nel Novecento e rivolgersi a organizzazioni rappresentative di interessi diversi da quelli economici lavoristici, originati dal di fuori dei luoghi di lavoro e radicati in identità personali e sociali di razza, sesso, etnia, disabilità, orientamento sessuale, e lontane da quelle su cui hanno fatto leva i sindacati del
Novecento (Piore-Safford 2006).
8. Le dimensioni sociali dell'azione sindacale e ilproblema delle alleanze
Le dimensioni non solo strettamente associative e contrattuali sono presenti da sempre nella storia dei sindacati europei e di quelli italiani, compresi quelli
I L SI N DACATO N E L M O N DO CH E CAM BIA: DALLA FO R ZA D E L SECO LO SCO RSO
ALLE C R ITI CITÀ O D IER N E di Tiziano Treu
160
come la Cisl, più legati al fondamento associativo del sindacato. Ne costituiscono un carattere distintivo rispetto ad altri modelli di sindacalismo, in particolare quello nord americano (Cella-Treu, in Blanpain, ed. 2009, cap.17). Per questo i sindacati europei si sono configurati non solo come agenti contrattuali ma come attori centrali di coalizioni ampie,
"encompassing". Parallelamente hanno ambito a coprire aree più estese di quelle del lavoro dipendente, fino a prefigurare una rappresentanza generale a tutto
campo. Tale orientamento è emblematizzato dai grandi patti sociali conclusi negli scorsi decenni in molti paesi europei, fra cui l'Italia, e in generale dalle
iniziative di "proposta e di lottà' per le riforme assunte negli stessi periodi, peraltro con alterne vicende. Per questi motivi il potere e l'influenza delle
organizzazioni dei sindacati, quelle confederali in particolare hanno fondamenti ed espressioni ulteriori e più ampi di quelli, indicati dal numero degli iscritti e anche dai tassi di sindacalizzazione.
Questa dimensione dell'influenza sindacale non è facilmente misurabile come la dimensione associativa, perché è alimentata da fattori eterogenei,
in parte qualitativi, che comprendono la capacità di mobilitazione collettiva, non solo dei lavoratori dipendenti, realizzata con strumenti diversi (scioperi, manifestazioni, raccolta di firme, referendum, assemblee, comunicazione tramite i media), e quindi la capacità di influire con tali pressioni sulle scelte pubbliche; il potere di eleggere rappresentanze negli organismi di base, espressione di tutti i dipendenti delle imprese, anche non iscritti e di designare rappresentanti in istituzioni pubbliche di varia competenza; fino al potere, riconosciuto dalla legge in molti paesi, di estendere la tutela dei contratti collettivi oltre l'ambito degli iscritti.
Le valutazioni esistenti indicano che l'area di influenza dei sindacati così misurata, ancorché in
modo approssimativo, è significativamente più vasta di quella segnalata dalla capacità associativa e tale da compensare in parte le tendenze al restringimento dei tassi di sindacalizzazione. I.:ambito del potere sindacale si allarga ulteriormente se si prende in considerazione un'altra variabile rilevante, relativamente più recente ma di crescente peso, cioè la diffusione dei servizi di assistenza variamente configurati, che sono utilizzati, fra l'altro, come canale di rafforzamento e diffusione della propria area di influenza.
Secondo le indicazioni più attendibili (P. Feltrin 2008) tale area allargata di influenza, è non solo più ampia della cerchia degli iscritti ma risulta crescente negli ultimi anni, in controtendenza rispetto al declino associativo: una crescita del 3,9% dal 1986 al 2007 e addirittura del 8,3% se si considerano anche gli utenti dei servizi sindacali.
I..:allargamento degli obiettivi e della sfera di attività dei sindacati italiani si è avvalso, come si diceva, di legami più o meno stretti, non solo con i partiti pro labour ma con altre organizzazioni sociali ed economiche, comprese quelle degli imprenditori e del lavoro autonomo, al fine di coinvolgerli su obiettivi di interesse generale e di riforma economico sociale.
La rilevanza di questi rapporti è stata variabile a seconda delle circostanze e degli obiettivi perseguiti.
Ma oggi è messa in discussione dai rivolgimenti in atto negli assetti politici e sociali globali, perché questi incidono sugli interessi e sulla dislocazione di poteri di tutti gli attori, ancora una volta in senso tendenzialmente restrittivo degli spazi di azione del sindacato.
Limpatto è diretto sui rapporti contrattuali e si traduce sia nella riduzione della copertura della contrattazione sia nell'indebolirsi dei suoi contenuti e nel diffondersi di forme di contrattazione concessiva o in deroga che riducono tutele e standard tradizionali per far fronte alle crisi aziendali e ai rischi di
AREL la rivista I I/20u
delocalizzazioni. Le difficoltà si estendono dalla contrattazione ai rapporti fra le parti sociali, anche quando, in Italia soprattutto, tali rapporti sono mediati dalla presenza del governo nelle tormentate vicende della concertazione.
O'altra parte l'eventualità che il sindacato consolidi alleanze con le nuove formazioni sociali e identitarie sopra ricordate, si presenta problematica, perché i criteri informatori di queste sono eterogenei rispetto a quelli propri dell'azione sindacale e per la distanza dei tradizionali orientamenti sindacali rispetto alle istanze espresse da questi nuovi gruppi. In ogni caso la ricerca di rapporti effettivi con tali
aggregazioni, al fine di estendere l'ambito dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, non può che mettere in discussione le tradizionali pretese di egemonia del sindacato in quanto soggetto centrale di ogni coalizione sociale. Tale pretesa sarebbe oggi priva a.i fondamento in quanto è la stessa questione lavoro che non è più la questione centrale (G. Baglioni 2007).
9. Il sostegno pubblico al sindacato e i limiti dell'esperienza italiana
Gli obiettivi assunti storicamente dal sindacato italiano lo hanno portato a ridosso dell'arena istituzionale e politica in senso proprio. Nel contesto italiano i legami con il sistema politico sono stati costanti ancorché influenzati dai cicli politici.
Nella nostra esperienza, come in quella di altri paesi europei, l'intervento del potere pubblico è stato (finora) prevalentemente diretto a sostenere, talora in modo decisivo, ilsindacato in varie forme; con il sostegno dei diritti di presenza e organizzazione in azienda, compreso quello di riscuotere i contributi sindacali per trattenuta da parte del datore di lavoro, con la protezione del conflitto riconosciuto come
161
diritto, col rafforzamento della contrattazione collettiva, e col riconoscimento di diritti di partecipazione di rappresentanti sindacali in isti tuzioni pubbliche.
È il sostegno legislativo che spiega come l'estensione della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale sia più ampia dell'ambito associativo. Tale diversità di estensione è particolarmente netta nei paesi (Germania, Francia) ove la legislazione ha previsto meccanismi diretti di estensione erga omnes dei contratti collettivi e ha sancito altrettanto direttamente un sistema di rappresentanza dei lavoratori in tutte le aziende, distinta da quella sindacale anche se variamente influenzabile dai sindacati (i vari consigli delegati previsti nella legislazione di gran parte dei paesi europei).
Interventi legislativi così· diretti sono sempre stati esclusi nel nostro ordinamento, che ha mantenuto anche in questo un carattere fortemente pluralistico e debolmente istituzionalizzato. Tuttavia anche da noi l'influenza della contrattazione collettiva
nazionale va oltre l'ambito delle associazioni stipulanti, per l'intervento di due ordini di misure.
Anzitutto per il tramite di una giurisprudenza creativa che ha riconosciuto alle retribuzioni contrattate collettivamente ilvalore di misura della giusta retribuzione spettante ai lavoratori in virtù dell'art. 36 della Costituzione.
In secondo luogo sono intervenute nel tempo una serie di disposizioni legislative che richiedono l'osservanza dei parametri collettivi come condizione dell'ammissione a benefici e ad appalti pubblici
(T. Treu 2011). Queste misure di estensione degli effetti dei contratti non solo rafforzano la capacità di tutela contrattuale dei sindacati, ma incrementano le loro risorse finanziarie, in quanto ai lavoratori coperti dalla contrattazione è di norma richiesto un
lL SI N DACATO N EL M O N D O C HE CAM B IA: DALLA FO R ZA D E L SE C O LO S CO RSO
ALLE C R ITI C ITÀ O DIER N E di Tiziano Treu
162
contributo ai sindacati stipulanti variamente denominato (quota di servizio e simili), motivato con la protezione offerta anche ai lavoratori non iscritti.
La normativa di sostegno storica è quella dello Statuto dei lavoratori, che riconosce ai lavoratori il diritto di costituire rappresentanze nei luoghi di lavoro, nelle forme da esse prescelte. Si tratta di un sostegno indiretto perché l'attivazione della rappresentanza collettiva dipende pur sempre dalla capacità di attrazione e di mobilitazione delle associazioni sindacali dei dipendenti delle varie imprese, a differenza di quanto si è visto per le strutture rappresentative aziendali di altri sistemi.
La previsione nei paesi centro europei di due canali di rappresentanza collettiva in azienda non è priva di problematicità, perché i consigli aziendali godono di margini di autonomia rispetto alle organizzazioni sindacali,.anche quelle di riferimento. Di tale autonomia possono fare uso senza tener conto delle linee guida delle organizzazioni o al di là di queste, come si è visto spesso nella presente congiuntura con gli accordi in deroga, stipulati spesso dai consigli anche oltre i loro poteri formali (T. Treu 2011). D'altra parte il doppio canale costituisce uno strumento garantito di rappresentanza e di tutela dei lavoratori e un'occasione al sindacato di essere presente in tutte le aziende, anche dove non è presente come associazione e di competere per la rappresentanza in
un organismo generale di tutela dei lavoratori.
In effetti la presenza di rappresentanti sindacali nelle liste dei consigli dei paesi centro-nord europei, ancorché non necessaria ex lege, è di fatto prevalente,
a conferma della capacità di iniziativa di quei sindacati e insieme dell'utilità di avere una base di rappresentanza legale su cui appoggiarsi anche in periodi di crisi. Questo è uno dei fattori, non l'unico ma importante, della solidità della rappresentanza collettiva in quei paesi.
Il rifiuto del sindacato italiano di accettare tale doppio canale di rappresentan za risale ai tempi delle Commissioni interne (anni Cinquanta) ed è motivato per la già ricordata ostilità all'ime:rvenco della legge nei mecca n ismi di rappresen ranza collertiva e per la rivendicazione, specie della Cisl , della preminenza del canale as ociativo su quello elcrcivo. Tale prete a di egemonia, quale che ne sia il fondamento storico, ha sempre meno ragion d'essere nell'attuale contesto di alta dispersione aziendale e dei lavori, e di resistenza alle rappresentanze colletrive. Riflette un pregiudizio verso l'i.nterven to legislativo che risul ta sempre più in pura perdita, perché priva ilsindacaco di uno strumento di penetrazione in territori altrimenti non raggiungibili e di competizione con altre forme di rappresentanza sopra accennate basate su valori diversi, che possono servire a rivitalizzare il loro approccio alla rappr,esentanza.
In effetti l'influenza del sindacato italiano è ridotta, spesso trascurabile, nelle aziende piccole e piccolissime; perché in queste aziende il sostegno rappresentato dalla sanzione dei diritti sindacali non riesce a compensare la debolezza del!'organizzazione e le resistenze dei datori di lavoro. Tale debolezza ha sempre rappresentato un elemento di criticità nella nostra struttura sindacale perché ha sottratto all'influenza del sindacato intere aree dell'economia, spesso le più rilevanti per l'espansione dell'occupazione: riduce la possibilità di un decentramento esteso ma controllato della contrattazione, che potrebbe rappresentare un
imporrante trnmento di allargamento delle tutele. La debolezza della presenza sindacale nelle Pmi espone
inol ri:e la concratraz.ione aziendale a deviazioni dalle linee guida della contrattazione nazionale, non solo volta ad acquisire trattamenti migliorativi ma anche a introdurre deroghe peggiorative agli standard nazionali.
AREL la rivista I I /20n
163
10. Le risorse politico-istituzionali del sindacato: concertazione e presenza nelle istituzioni
In realtà il rafforzamento dell'azione sindacale ha avu to fondamenti ul teriori risperco a quelli derivami dalla legislazione di so cegno. È derivaro dai rapporri del sindacato con le autorità di governo
cen trale e locale arcraver o le varie form di concertazione e di contrattazione tripartita, e per altro verso dalla presenza di rappresentanti sindacali in istituzioni centrali e locali competenti in tema di previdenza, formazione professionale e di regolazione del mercato del lavoro. Concertazione sociale e presenza nelle i ticuzion i pubblich sono due forme diverse ma convergenti di utili:a.o delle ri orse
pol itico-isti tuzionali, presenti in gran parte dei sindacati europei, che vengono impiegare per
compensare il loro declinante porei;e contrattuale e per rafforzarne l'aurorirà sociale e politica.
L'esperienza della concertazione italiana ha avuto, com'è noto, momenti di grande rilevanza negli ultimi decenni (a cominciare dal 1977) e ha contribuito ad accrescere l'influenza del sindacato nella definizione di importanti politiche pubbliche in tema di stabilizzazione economica, di riforme del mercato del lavoro e del sistema pensionistico.
La rilevanza di questo coinvolgimento politico del sindacato e le sue ricad ute sulle dinamiche sindacali sono per definizione dipendenti dal quadro politico istituzionale con cu.i il sinda ato interagisce. L'utilità di tale coinvolgi mento dipende dagli obiettivi perseguiti, dai ri ul rari della concertazione e dalla sua continuità nel tempo, perché l'efficacia delle soluzioni concertate è verificabile solo nel medio periodo (a differenza di quelle ricercate in via contrattuale).
Le vicende recenti, non solo italiane, hanno segnato una inversione di tendenza anche per questo
aspetto, per i motivi generali di contesto già rilevati e specificamente a seguito del cambiamento delle maggioranze politiche intervenute in vari paesi in direzione meno favorevole all'azione sindacale, se non apertamente ostili.
In alcuni casi le prassi concertative hanno avuto battute di arresto, in altri casi si sono dovute confrontare con temi controversi; non solo per pregiudizi verso interlocutori politici in office, ma perché i nuovi oggetti della concertazione implicano spesso cambiamenti negli assetti del mercato del lavoro, del sistema pensionistico e del welfare, non migliorativi ma restrittivi rispetto alle condizioni acquisite nel passato. Anche per questo hanno introdotto elementi di divisione fra i sindacati (Visser 2004), particolarmente gravi nel caso italiano, come risulta dal ripetersi di episodi di firme separate,
lontane dalla tradizione dei grandi patti sociali e della contrattazione. Tali vicende hanno reso meno evidente l'utilità delle prassi concertative per rafforzare l'attrattività sociale del sindacato, e ne hanno indebolito la rilevanza come interlocutore politico (soprattutto delle componenti radicali, o in Italia la Cgil). Il che rende acuta la (possibile) contraddizione fra potere politico delle organizzazioni, specie di quelle più inclini a concertare anche con governi non pro labour, e potere contrattuale delle stesse
organizzazioni, in particolare di quelle più dedite a pratiche di opposizione.
Tale deviazione non giova al potere complessivo del sindacato e incrina, con conseguenze allo stato imprevedibili, la sua influenza sociale e pubblica.
L'altra fonte di potere istituzionale del sindacato, risultante dalla sua partecipazione a istituzioni pubbliche è meno soggetto alle contingenze politiche e si è rivelato anche in Italia particolarmente rilevante . Ciò è significativo e in parte anomalo rispetto all'esperienza di altri paesi perché contrasta
I L SIN DACATO N EL MO N DO CH E CAM B IA : DA LLA F O R ZA D E L SE C O LO SCO RS O
A LLE C RITI C ITÀ O D I E R N E di Tiziano Treu
con la rilummza del sindacaco, in particolare della Cgil, ad affrontare i cemi della partecipazione nell'impresa (T. 1ì·eu 2010).
Tal diversa configurazione dei poreri pa.rcecipacivi del sindacato i raliano incrod uce u na sfasatura fra la sua consistente iniluenza iscicuzionale nelle sedi pubbliche e u na presenza in azienda affidata aJ potere concraccua1e-rivendicacivo ed e posta qu i ndi alle sue alterne vicende. La conrraddizione i aggrava
i n periodi di. crisi e di a.cura pressione competiciva sul sistema produ ttivo, che spinge le imprese a"ind mi re" i rapporti con i sindacati, e a conuascarne l'area di influenza, e non a uscire del tucto dal sistema concrartuale costruito nei decenni passati. Lo i è visco emblemacica.menre non solo nel caso Fiac, ma in molti al tri accordi di concessione italiani ed europei, meno eclatan ti ma altretta n to signj_ficariv i (Treu 2011).
Questa ero ione del potere comra rcuale del indacaco alla ba e del sistema si 'sra manifestando anche in
Germania, nono rance ilsostegno legislativo ai con igli
di fabbrica. Non pochi o serva.cori hanno visto in ciò una conferma del fatto che u na eccessiva.confidenza del sindacato in un potere istimzionale non ostenuro da risorse proprie - capacità dj_ associazione e di mobilitazione - ri chia di configurarlo come "un gigan te dai piedi di argilla" (Felcrin 2007).
Non ono mancare variazi.oni nelle modali tà partecipative del sindacato. In particolare la presenza di rappresen tami sindacali negl i organi di gesrione di grandi enci previdenziali, a lungo mantenuta nel tempo, è tata d i recente abbandonata, perché ritenuta
non coeren te con il ruolo negoziale e rivend icativo del sindacaco.
Per questo è stata sostituita da una presenza nei consigli di vigilanza degli stessi enti, resa possibile dall'introduzione del sistema duale. Ma anche in questa versione il peso del sindacato nell'indirizzo e nelle scelte di tali enti rimane consistente.
La presenza sindacale si è inoltre diffusa con varianti in un ampio spettro di sedi istituzionali
- commissioni miste, osservatori sul mercato del lavoro, enti bilaterali, eccetera - competenti in materia di mercato del lavoro, formazione professionale, previdenza: queste presenze
co cicuiscono un reticolo panecipacivo, spesso senza competenze gestionali, ma comu nque in grado di esercitare u n'influen.za significaciva su imporrami settori delI'ammi.n iscrazione e deLle poli tiche del lavoro.
Analogamente rileva nte è l'influenza del sindacato ali interno delle pubbliche ammi niscrazioni, non olo nella disciplina del rapporto ma negli aspetti applica.rivi di cale disciplina tramite un uso estensivo dei diritti di "informazione, consultazione e confronto", sanciti dalla legge e di solito estesi dalla contrattazione collettiva.
L'esercizio di cali di.ricci è sovente equ ivalso a forme di so canziale codesiooe o a un potere sindacale di vero sulle decisioni del management pu bblico.
Queste prassi cogescionali di fatto sono state oggetto
di critiche crescenti negli ultimi anni, non solo da molri osservatori che ne hanno denunciato il ca rattere invasivo e di ostacolo alla modernizzazione de.I s rema pu bblico, ma dalla opiuione pu bblica che ha visto nel sindacato il responsab ile della inefficienza e dei disservizi delle pubbliche amministrazioni, nonché degl i abu i nella gestione dei rapporti di lavoro
(diffuso a senteismo, scarsi conrrolli sulle prestazioni, appiartimen ri rerributivi).
La riforma dei rapporti di l'ubblico impiego, introdotta nel 2009 (D.Jgs 150), anche uU 'onda di cale critica, è non a ca ·o interven u ta a ridimensiona.re i
poteri acq uisiti dal sindacato nella gestione dei rapporci pu bblici con l'obierrivo di ricondurli
nel!' ambito delle funzioni proprie contrattuali e di informazione.
AREL la rivista I I/20n
itratta d i un incervenro resrr i ctiv enza precedenr.i. da pane di u n legi latore roricamen e alquanto benevolo nei confronri del sindacato; inrervenro canto pi ù rilevanre perché incide su un
ettore ch.iave, nna vera roccafo rte del pote re inda aie. Cefficacia di rale riforma non è peraltro icura né prevedibile .
11. Le attività di servizio del sindacato:
Caf, patronati, enti bilaterali
Una importante espressione del poter
indacale, partico larmen te rilevante nel caso i talia no, con iste nella bilateralità e nella erogazione dei servizi di assistenza ai lavoratori . Gli emi bilaterali, con amministrazione congiunca, di norm a paritetica, di rappresentanti indacaJ i e datociali, sono di origine contrattuale e si sono sviluppare nel tempo con
funzioni e con risorse privatistiche, cioè derivare dalla stessa contrattazione. E emblematico il si rema
elaborato dalla categoria edile, con nesso con la contrattazione che si svolge a livello terri toriale data la particolar e d i persiane della struttura prod uttiva del settore. Le casse edili hanno svolto fumjoni sia di
am ministrazione di isti ruci conrrarruali (ferie, festivi tà, grati.fiche), ia di carattere assistenziale (indenn ità in caso di malattia, di interruzione del lavoro per cause metereologiche, eccetera). In fa i succes ive questi enci hanno assunto compiti via via più vasti, comprendenti l' rogazione d i ervizi diversi agli associati e prestazioni di welfare a cararrere integrativo e anche o ticutivo del istema pu bblico.
Tale evoluzione è stata accompagnata da soscegn.i pubblici sia di tipo normacivo sia di tipo finanziario, correlaci allo svolgimenro di funzioni ormai giu n te a ridos o del welfar pu bbl ico: anche qui è emblematica, fra tmte, l'evoluzione delle casse dii i .
Ad esse no taci progres ivamenre attribuici compici pubbl i ci qual i la certificazione d Ha regolaricà
contributiva dell im pre e l 'o ervazione il concrol lo sul mercam del lavoro, poce.ri di i p zione e di
consulenza in rema cl.i si lLcei.za sul lavoro. Lo
svolgimenro di tali funzioni ha omporcaro il riconoscimenro, sia pure indfretto, della obbligarorierà della iscrizione alle cas e e del versamen to dei relativi conrri buci; il eh ha dato u na norevol consistenza finanzia.ria alle casse.
Anche gli enti bilaterali costituiti dalla contrattazione collettiva nel seccare deU'artigianaco hanno avuto u n grande sviluppo funzionale e finanziario: in particolare han no acquisi to il compito di erogare prestazioni nei casi d i so pensione e di
di occu pazione in carenza di copertura degli ammortizzacori sociali pubblici. Per tale ragione cale
intervento della bilateralit à è oscenuto con conrribuci starali, che si aggiungono a quelli delle parei. In altri settori (bancario assicurativo) il costo di queste previdenze è a carico delle pani; ma l'intervento del fondo di solidarietà a sostegno della mobilità vigente in cali enori è reso possibile da una normativa che permette deroghe alle regole generali sugli ammorrizzarori sociali e sull'età del pen ionamenco.
Un'u l teriore a1·ea di intervento degli enti
bilaterali, di grande rilevanz,a ociale e Finanziaria, riguarda l'amministrazione dei fondi incerprofessionali per la formazione alimentati da contribu ti obbligacori delle parti, e quindi anch'essi parteci pi di wn natu ra para pubblica.
Come si vede da questi esempi, ma alcri
porrebbero aggiungersi, a cominciar dalla previdenza dalla sanità integrative, le pani sociali italiane hann o
istiruico una fitta rete di strumenti cogesti ti., eh
garan tisce loro contarti stabili on u na mol ti tudine di soggetti ben più vasta della loro area di influenza associativa, che riguarda temi cruciali per la loro
lL SI N DACATO N E L M O N D O C H E CA M BIA : DAL LA FO RZ A DEL SECO LO S CO RS O
AL LE C RIT I CITÀ O D I ER NE di Tiziano Ti·eu
166
autorità sociale e che nello stesso tempo costituisce
una fonte consistente di finanziamento per i sindacati .
Per questo si è detto (Carrieri 2011) che il sistema così costruito rappresenta una versione italica di quelle forme istituzionali di sostegno alle attività sindacali di servizio pubblico e privato che hanno fatto una ultradecennale esperienza nei sistemi nordici (il cosiddetto sistema di Ghent).
La nostra bilateralità è una versione debole e pa rziale di questo sistema perché non ha assunto (ancora) carattere esplicitamente obbligatorio e sostitutivo dell'amministrazione pubblica del welfare. In particolare non si è esteso, come in quei paesi allo svolgimento delle funzioni di intermediazione della manodopera nel mercato del lavoro, e di amministrazione dell'indennità di disoccupazione.
Una scelta in tale direzione è frenata dai dissensi esistenti al riguardo fra i sindacati.
D'altra parte ha operato una certa esitazione a devolvere alle parti sociali funzioni gestionali così rilevanti, in assenza di consolidate tradizioni ed expertise in materia e a fronte di scarse capacità di controllo pubblico (carenze riscontrate già nell'amministrazione delle attuali funzioni). In definitiva si è rimasti "a metà del guado".
Peraltro le attività di servizio dei sindacati italiani hanno avuto un'altra direzione di sviluppo, gestito in proprio, grazie soprattutto alla attività dei cosiddetti sportelli Caf e dei patronati sindacali. I
patronati sono roricamence organizzati dalla maggiori confederazioni e osrenuri dalla legge con il compito di assistere i lavoratoci nel! pratiche previdenziali,
relative alla Cassa integrazion e e a i sus idi di disoccupazione. Dato questo compito i patronati operano soprattutto nell'area dei pensionati e dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro e per questi agiscono come un importante canale di sindacalizzazione.
Più ampio è l'ambito di azione dei Caf e quindi la loro capacità di influenza . Si tratta di un fenomeno relativamente nuovo nella nostra esperienza che si è
avvalso della creazione di numerose aziende di servizio, I
con caratteristiche organizzative e comportamenti di
mercato lontani dalla tradizione dei servizi sindacali. i'
Lattività di queste società del sindacato, I riconosciute come centri autorizzati di assistenza
fiscale, è cresciuta in modo esponenzial e, specie nei primi anni, quando si è svolta in assenza di
concorrenti attrezzati. In seguito la crescita è rallentata per l'aumento della concorrenza da parte di analoghe società costituite da altre associazioni datoriali e di professionisti esperti di assistenza fiscale. Ma ancora oggi tre dei primi dieci Caf nazionali che coprono il 75% del mercato sono collegati ai sindacati dei lavoratori; e il numero dei 730 elaborati dai Caf è passato da 10.17.652 nel 2000 a 13.814.631 nel 2005
(Feltri.n 2007).
La rilevanza di questa ace,ività di ervizio per la tenuta della sindacalizzazione è variamente giudicata. Secondo l'indagine sopra ricordata essa non andrebbe sopravvalutata, in guanto solo una percentuale minoritaria di lavoratori giudica l'utilizzo di servizi di assistenza una ragione (esclusiva) di adesione al sindacato. D'altra parte chi sostiene il ruolo trainante di tali servizi anche per la sindacalizzazione adduce l'importanza ad essi attribuita da tutti i sindacati eurnpei i raffrnnci comparaci degli andamenti della indacalizzazione. uesci mo erano perfomance relacivam ence migliori i n quei paesi dove i sindacati hanno esteso il loro intervento in varie attività di servizi; in particolare nella versione nordica ove cali interventi si estendono al controllo del mercato del lavoro, in entrata e in uscita. In ogni caso l'espansione di tale ruolo di servizio nei paesi nordici favorisce meccanismi semiautomatici di adesione al sindacato, grazie a un monopolio nella erogazione di servizi che
AREL la rivista I I/ 20n
incidono non solo sulle vicende del rapporto ma anche sulla posizione dei lavoratori nel mercato del lavoro e nel welfare: cioè in aree sempre più critiche per le sorti dei lavoratori nel presente stato di alta turbolenza economica e sociale.
Un simile sostegno istituzionale e semiautomatico ali'adesione al sindacato, sia pure con una variante meno diretta, è presente anche nel nostro ordinamento nella misura in cui il sistema dei servizi e della bilateralità ha assunto connotazioni fortemente incentivanti l'adesione. A conferma di tale ipotesi si è rilevato come la diffusione dei Caf sindacali è solo in parte (Feltrin 2007, p. 174) riconducibile alla dimensione della base associati.va, che pme rappre enta il portafoglio clienti di riferimento e copre .uee di utenti sensibilmente superiori a queUa degli iscritti.
12. Come riorientare l'azione sindacale: politica, tutela contrattuale, servizi
Le indicazioni fìn qui svolte danno segnali contrastanti in ordine alle diverse dimensioni del potere sindacale, anche se confermano la loro compresenza nei moderni sistemi di relazioni industriali. Il passaggio alla società terziarizzata ha eroso le basi sociali su cui i sindacati industriali hanno costruito la loro forza organizzativa nel secolo scorso. Con l'avvento della globalizzazione si è anche ridotta l'utilità della contrattazione nazionale come strumento di tutela collettiva.
Non si tratta di un mero ripiegamento congiunturale, perché il ciclo negativo, pur con le varianti ricordate, si avvicina al trentennio.
E i fattori determinanti non sono reversibili se non in parte. Ciò ha portato alcuni a ritenere improbabile che il sindacato possa invertire con le sue sole risorse la tendenza al declino o ali'accerchiamento.
Al più potrebbe mantenere le posizioni nei settori tradizionali di insediamento senza espandersi in settori innovativi, in crescita e senza attrarre i giovani che li popolano.
Gli stessi sindacati, almeno quelli europei, hanno infatti reagito per lo più allargando il campo dei loro interessi e dei loro interlocutori oltre il tradizionale ambito delle relazioni industriali, secondo quello che si è chiamato il modello della socia! coalition. Tale modello implica più forti rapporri con i partiti politici di riferimento e con le istituzioni nazionali, minor peso al!'azione contrattuale in senso stretto, ricerca di alleanze, peraltro sporadiche, con altri settori deprivati della società e crescita dell'offerta dei servizi individuali.
Tale allargamento di campo dell'azione collettiva ha comportato una estensione dell'area di influenza sindacale nelle varie direzioni sopra ricordate. Ma non ha avuto sufficiente incidenza sul versante della sindacalizzazione, specie delle giovani
generazioni. Secondo alcuni tale strategia, che riprende il modello del Novecento, rinuncia a sfruttare gli esistenti bacini potenziali di persone interessate al sindacato, riscontrate anche fra i giovani. Senza dire che queste dimensioni di influenza sindacale sono le più direttamente esposte alle variazioni del quadro politico, che in tutta Europa si sta evolvendo in senso sfavorevole al lavoro organizzato, e che colpisce anche sistemi fortemente consolidati come quelli nordici.
Il caso italiano presenta accentuate queste criticità su più versanti. Le perturbazioni del quadro politico, si riversano sul sistema di Relazioni industriali, per lo più accentuando le divisioni fra i sindacati, con forme di neo-collaterismo, fino al punto di bloccare la concertazione e di impedire la ricerca di soluzioni condivise anche su regole fondamentali della contrattazione: caso eccezionale nella storia italiana ed europea. La divisione sindacale ha messo in dubbio il
I L S I N DACAT O N E L M ON DO CH E CA M B IA : DA LLA FO R ZA D E L SECO LO SCO R SO
AL LE C R I TI CITÀ O D IER N E di Tiziano Ti-eu
168
potere di vero de.ten u to dal no ero sinda ar , pi ù o meno e plicicamen te, in moi re qu rion i di lavoro: una forma d i potere negativo, ma con i tente, e per i
cri rici troppo spesso u ti l izzato per bloccare riforme ne es arie. La rottura fra giJ, Ci Ie Uil verificatasi nel l'attuale legi larura rende a e eludere o a limirare fortemente i l porere di interd izione deUa Cgil, ma rende pit1 costoso per tutto il indacato l'uso di cale potere; inoltre riduce la tessa possi bilità d i Ottenere
conrropai:rice adegua te ai.sacrifici oggi spesso cid1iesti al mondo del lavoro.
D'altra parte il nostro sistema si è privato, per motivi che abbiamo spiegato sopra, di due sostegni istituzionali vicini alla base tradizfonale delle Relazioni industriali: cioè la sanzione legislativa di
rappresenrani, generali del lavoratore in azienda come
i consigli di altri paesi e ilsostegno a forme di parte i pazione d i Lavoratori nell'im presa u rile ad
arricchir l'offerta indacale verso ilavoratori e verso
l'impresa tramite patti di produttività condivisa.
Inoltre il nostro sistema è debole nella tutela di beni pubblici sociali, in particolare nelle misure di welfare di tipo inclusivo. Lltalia è l'unico paese privo di reddito minimo di inserimento, di ammortizzatori sociali universali e di un salario minimo. E l'otrenimenco di queste misure non è taco fra le priorità del nostro sindacato, che i è privato cosl di
un'importan te occasione per altaJgare la propri a offerta ociale e la amattività ver o le giovanj generazioni.
D'altra parte la rete di partecipazione nelle istituzioni del mercato del lavoro e del welfare pubblico non ha raggi unto l'intensità che ha fatto la forza dei sistemi nordici, per divisioni e incertezze del indacaro sresso pi ù che per resistenze pol itiche.
Lo svilu ppo di enti bilaterali ha costiruito negli
ultimi anni un importante stTwnento per estendere l'area di infl uenza ociale, finanziaria ed anche
associativa del nostro sindacato. Tane' è che si è parlato
di una "via italiana" al consolidamento del ruolo del sindacato (Carrieri 2011).
Secondo alcuni il ricentramento dell'azione
sindacale dovrebbe ridare priorità di attenzione e di
risorse all'arena delle relazioni industriali, puntando in J
prùnis proprio su l l'offerta dei servizi, anche come
stru men to d i recupero associac.ivo, e in secundis sull'azione contrattuale, ridimensionando invece il peso delle "arene politiche". Questo approccio ha implicazioni più vaste ispirate a un modello di tipo new unionism (Felcrin 2007); conferma la multidimensionali tà delle azioni sindacali, ma ridefinisce il peso delle principali attività tipiche in
modo diverso dal modello della social coalition. Questo lega il futuro del sindacato anzitutto ai suoi rapporti con i sistemi politici . La proposta di new u.nionism invece riconferma la fiducia nella capacità del
sindacato di rafforzare le sue basi associative e di fornire tutele, sia pure innovando in particolare nell'area dell'offerta dei servizi.
Il bilanciamento fra queste diverse aree di azione è da sempre una scelta diffi ile per il indacaro. Oggi richiederebbe equilib.rio e in iem capaci tà di celta maggiore che in pas aro, per l'incertezza del comesco e qu indi della "resa" degli investimenti nei vari settori. In real tà ilsindacato jraliano non sembra imenzionaco a
scegliere e tende a combinare (o a giustapporre) le varie ·f direzioni di iniziativa. Sono peraltro visi bili le diverse inclinazioni delle tre confederazioni: in particolare fra
la Cisl e Uil che promuovono molto gli Enti bilaterali e la Cgil che frena.
In particolare il rapporto fra iniziative del sindacato sul suo terreno proprio (delle Relazioni
industriali e della tutela sociale) e le scelte politiche presenta una tensione non risolta. La difficoltà del sindacato di invertire le tendenze negative in atto facendo leva solo su risorse proprie ha motivato la ricerca di un appoggio politico-istituzionale. Ma
AREL la rivista I I /2on
questo non cancella la precarietà di un legame con un quadro politico che è mutevole e ora sfavorevole al mondo del lavoro. La contraddizione è tanto più
grave quando, come nel caso italiano, il sindacato non possa contare su istituzioni stabili, relativamente autonome dalle contingenze politiche e quindi capaci di scelte anche normative durevoli, come lo sono quelle di altri paesi.
Cosicché anche l'impegno del sindacato sul fronte istituzionale risulta esposto ai variabili orientamenti e partigianerie dei partiti politici con cui deve di volta in volta rapportarsi.
Riferimenti bibliografici
Baglioni G., L'accerchiamento. Perché si riduce la
tutela sindacale tradiz,:onale, il Muli no, Bologna, 2008.
Bagl ioni ., Paparella O. (a cura di), Il jùturo del sindacato, EL, Roma 2007. .
Baglioni ., La tutela sindacale appare accerchiata.
Una risposta nell'ambito delle relazioni indwttia!i, in Baglioni G., Paparell,a D., cir., 31 ss.
Blanchard O., Osservazioni conclusive, in Boeri T.,
Brugiavini A., Calmfors L. (a cura di), cit., 359 ss.
Boeri T., 'Brngiavi ni A. Calmfors L. (a w-a di), Il
molo dcL sindacato in Europa, Egea, Milano, 2002.
Bord.ogna L. Tendenze del/11 rappresentatività sindacale in ltfllio .e in Europa in Baglioni G ., Paparella D., cit., 227 ss:
Bordogna L., St1·ilees in Europe: stili a decade of decfine or the Eve of Il New Upmrge, Indfan Journal of Industriai Relations, 2010, 698 s .
Bordogna L., Cella G.P., Decline or transformation?
Change in industriai conflict and its challenges, Transfer,
2002, 8.
Carrieri M., La regolazione del Lavoro, Ediesse, Roma, 2011, cap. V.
Cella G.P., Il sindacato, Laterza, Bari-Roma, 1999.
ella .P. 17](/ reptesent11tion o/ non standard 1oorkers thl'ough coLlective borgaining l3ack to thepast ?, Paper prcsenced ro rhe Ma nche ce.r Congess of rhe European industriai rclarion associacion, 2007 .
Cella G.P., Treu T., National trade union movement;s i11 Blanpain R., Comparative labou1· law and indmtriaL relations in industrialized market economies, Kluwer 2009, cap. 17.
European Foundation for che improvement of living and working conditions, Industriai relation development in Europe, 2009, cap. 3. 56 ss.
European Foundation for che i mprovemenr f living and warking conditions (a cu ra di Pedersi ni R.), Trade unions strategies to recruit new groups of work11rs, 2010, 20 ss.
Feltrin P., La silenziosa ascesa di un diverso equilibrio,
in Baglioni G., Paparella D., cit., 157 ss.
Feltrin P., Gli i.scritti ai tindacati negli ultimi venti anni: bilancio in chioros.u,·o, «Italiani Europei», 2008, 219 ss.
Llvad ioni S., L'altra casta. L'inchiesta sul sindacato,
Milano, Bom piani, 2008. ·
Fiore M., afford ., Changùzg Reginws of Workplace Govemancc, hiftiug Axes of SociaL Mobitization, and the Challcnge to Industriai Relntions Theo,y, i n lnduscrial Relations, n. 3 2006.
Treu T., La partecipazione dei lavoratori .fra realtà e prospettive, DRI, I, 2010.
Treu T., Le relazioni indi/Striali dopo Pomigliano, in Mascini M. (a cura di), i,L An n uario del lavoro», 2010, 267.
Treu T., Le relazioni industrinli nell'era delle
globa!iZZt1.zione. Gli accordi in deroga in Europa e la sfida ai sistemi contrattuali, in corso di pubblicazione su «Quaderni di Rassegna sindacale», 2011.
Treu T., La retribuzione, Voce i n Enciclopedia del
Diritto, in corso di pubblicazione, Giuffrè, Milano, 2011.
Visser J., Recent trends and p ersistent variations in
Europe's Industriai Relations, Dutch socia! and economie council, Eiro,
Visser J ., Union membership statistics in 24 countries,
«Monthly Labor review», 2006, 38 ss.
Compila il seguente form. Ti risponderemo il prima possibile!