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lL SINDACATO NEL MONDO CHE CAMBIA

DALLA FORZA DEL SECOLO SCORSO ALLE CRITICITA' ODIERNE

Nel secolo scorso il sindacato è stato una delle organizzazioni più influenti sulle vicende sociali ed economiche dei paesi sviluppati, in particolare dell'Europa.

1. Le varie dimensioni del potere sindacale


Nel secolo scorso il sindacato è stato una delle organizzazioni più influenti sulle vicende sociali ed economiche dei paesi sviluppati, in particolare dell'Europa.

Tale influenza si è fondata sulla sua capacità di organizzare e rappresentare il mondo del lavoro dipendente con una continuità nel tempo non eguagliata da nessun'altra associazione di natura volontaria; ma ha avuto origini ed espressioni ulteriori nella capacità di mobilitare su obiettivi sociali il sindacato (Cella 1999) anche ampi settori di lavoratori non associati e di rappresentarli  con azioni collettive  di tutela.

Queste radici autonome di influenza sono state rafforzate i n  mol ci paesi, fra cui il nostro, da una

legi lazione protettiva e di sostegno che ha attribuito al sindacato diritti sia nei luoghi di lavoro ia nel mercato del lavoro e i n i ticuzioni pubbl iche di var.ia na mra.

Inolcr   tali  poteri sociali  e isri ruz.Ionali   isono consolidati  nel tempo anche per rapporti  con i sistemi politici nazionali  e con  i partiti,  in particolare  con quelli cosiddetti pro  labour.

Queste diverse dimensioni del potere sindacale­ associativo, di rappresentanza sociale, istituzionale e politico hanno avu to il rnas  im vil uppo  nei primi decenni del econdo dopoguerra - i co iddecri  crenta anni gloriosi du rante i quali   ono   cari espre si  ne  di u n pl u raUsmo sociale i n a cesa sorre co da uJ, forre

 

dinamismo economico (Cella 1999; Baglioni 2005;

Blanchard 2002).

A partire da quel periodo, grosso modo  dagli anni  Ottanta  del secolo  scorso, l'influenza  e i poteri del sindacato sono stati messi in discussione da fattori diversi e sono stati contrastati spesso apertamente con l'accusa di essere fra le cause delle ricorrenti   difficoltà

economiche e di costituire un ostacolo alle flessibilità e alle innovazioni  richieste  dai nuovi  mercati.  Da allora

si è cominciato, non solo nel no r ro paese,  a parlare di crisi  e  di declino  del  sindacato  per  analizzarne le ragioni,  le prospettive  e   dagli  osservatori  vici ni al

mondo  del lavoro,  i possi bili  rimed i. :È. propri   a questi che si devono (comprensi bil men te) l e indagi_ai pi ù  approfond i te e preoccupare.

Analisi e dibattiti si sono succeduti fino ad oggi mettendo in luce criticità comuni ma anche e forse soprattutto la complessità delle linee evolutive e l'incertezza  delle prospettive.



2. Il declino della sindacalizzazione


Una tendenza generale da tutti rilevata riguarda l'andamento della sindacalizzazione,  che è considerato il principale indicatore del  potere  sindacale. Nella grande maggioranza dei paesi industriali avanzati il numero assoluto degli iscritti al sindacato, dopo aver raggiunto  il livello più  elevato negli  anni Settanta, si   è

 













 

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ALLE  CRITICITÀ  ODIER N E    di  Tiziano Treu

 

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progressivamente .ridorro nci decenni successivi, pur con significative d iver  irà da caso a caso (Bordogna 2005; Feluio  2005·· Pedersini, 2010; Boeri,

Brugiavini Calmfors 2002, parte I, 1; Baglioni 2008). Quasi  sempre è diminuito  in  misura  ancora più  marcata  il tasso  di sindacalizzazione,  cioè il  rapporto

t ra iscri tti e lavoratori d ipendenti,  che ind ica la capacità del sindacato di .radicar  i  fra la propria  ba  e di riferi men to. Secondo le indagini  più  recenti,  ipae  i

che aH'inizio del secolo presenta no pi ù  iscri tti al

sindacato che negli anni Novan ta sono ridotti a 5-6, mentre oltre due terzi del totale registrano una spesso marcata diminuzione dei lavoratori sindacalizzati (Bordogna  2005,  219).

I..:esperienza  italiana ricalca la dinamica tendenzialmente d  pressiva della sindacalizzazione d i quasi tutti i paesi occidentali, peralrro dimoscrando  u na tenuta comparariva!neoce  migliore di quella d i alrri sistemi. Una flessione delle adesioni si è regisrraca  nel decennio  1990-2000, peraltro compensata dalle iscrizioni crescenti dei pensionaci che sono arrivaci a costituire la componente in assoluto più  numerosa  degli iscritti alle tre principali  confederazion i (Fekd n 2005). Tra gli occupati icassi di sindacalizzazione   ono c1. .laci dal 38,8% del 1986 al 31,6% del 2006 (Feltrin 2008).

La tendenza sembra essersi stabilizzata  negli anni più recenti, che registrano anzi un aumento del numero  assoluto  degli  iscritti attivi: questo  peraltro non ha frenato la (sia pur) contenuta diminuzione del tasso  di sindacalizzazione  (Pedersini 2010).

La divergenza fra idue indicatori si piega, in Italia come altrove, per il farco che nonosrallte la crescita delle ade ion i pecie nei settori tabili sul piano occupazional (manifattura e pubblico impiego), i sindacati non riescono a organizzare i lavoratori nei settori economici in espansione.

Le tendenze generali in questione mostrano significative variazioni,  non  solo fra paesi  ma secondo

 

diverse variabili: anzitutto il settore economico e le dimensioni  di impresa e poi le variabili sesso ed   età.

La frarmra pi ù net ta i n tutti .i pae  i, pur con

qualche diver ità, è quella fra seccare pubblico e seccore privato,  in  particolare manifa tturiero.  li pubblico

impiego presen ta ovunq ue una densità sindacale più elevata che nd sercore privato di mercaco, e con differenze  nettissime:  la densità  in questo  settore è

oltre quattro vol te maggiore che nell'area privata, in paesi  come   tari  Uniti  e Canada, oltre  tre volte in Gran Bretagna, rre volte i n Francia. In Ital ia il tasso di sindacalizzazione riferito alle tre maggiori confederazioni, che viene di solito rilevato, è (solo) di 2-3 punti superiore a quello medio ma va considerata la fort   presem.a nel pubblico impiego  di organizzazioni sindacal i autonome che incrementano questo tasso di almeno  1O  punti.

I settori manifatturieri presentano un tasso di sindacalizzazione tendenzialmente più elevato delle categorie dei servizi di mercato, cioè non protetti.

Questa tendenza si lega alla variabile età, perché la propensione ad aderire al sindacato è maggiore per i lavoratori maturi, largamente presenti nei settori industriali, che fra i giovani (Bordogna 2005).

Analogamente marcate sono le differenze nella sindacalizzazione  a seconda dei tipi di contratti di Lavoro. La propensione  a L criversi è minore, per

ragioni evidenti,  fra i  lavoratori pare time che fra quel l i a tempo pieno e ancora pi LL nettamente fra ilavoratori atipici  o  precari;  il che è u na delle ragioni del minore

ca · o di sinda  alizzazione dei giovani.

Meno univoca è l'influenza della variabile genere, perché esistono paesi dove il tasso di sindacalizzazione femminile è largamente inferiore a quello maschile (Germania, Austria, Giappone, Olanda), altri in cui esso è pressoché uguale fra i due sessi (Francia, Canada, Irlanda, Stati uniti), e altri ancora in cui esso è superiore (i Paesi Nordici  e  la

 
 








 

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sressa Gran Brecagna). Queste differenze   iricengono ricond ucibili al d iverso scacus occu pazionale  deUe don ne nei vari paesi , nonché alla diversa dimensione relaciva  del sercor   pu bblico,  che ha  w1a pr   enza femm i n ile ad alca densità   indacale.

Queste tendenze mostrano  la   apacirà dei sindacati di difendere le posizioni  nelle aree dove si sono insediate  nel passato,  ma  nel conrempo   egnalano che anche nei casi come quello italiano, di buona tenuta organizzativa,  l'area di influenza si va restringendo in confini via via più  ristretti; non  i.nei.de nei   errori  in crescita e fatica ad acrirare i nuovi lavori e le nuove generazioni . Di qui l'immagine di un sindacato accerchiam presentaca anche da chi non crede a un  declino irreversibile di quesca

organizzazione  (Baglioni 2008).



3. Il calo del conflitto e la riduzione dell'efficacia contrattuale


Com'è noto, il tasso di sindacalizzazione non è l'unico indicatore del potere sindacale e neppure della sua capacità di aggregazione degli interessi. Ma anche altri indicatori "interni", o non istituzionali di tale capacità manifestano segni di difficoltà e di arretramento non dissimili da quelli dei tassi di sindacalizzazione. I vari indicatori della conflittualità

- dimensione, duraca, intensità degli scopi - registrano un calo alcreccanto continuo, con qualche variazione temporale anche nei paesi come l'Italia

cradizionalmente ad alta conflittualità (Bordogna 2010). I..:epicentro dei conflitti si è andato spostando verso i settori dei servizi pubblici dove il ricorso allo sciopero è meno esposto alle sanzioni del mercato e per altro verso ha un'al ta capaci rà lesiva degli interessi degli utenti.

Cosl è del grado di copertura dei contratti collettivi  anche nei paesi dove i loro effetti si  estendono

 

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oltre l'area della sindacalizzazione,  per l'esistenza  di sistemi legali di estensione  erga omnes dell'efficacia.  La copertu ra concractual   compie   iva   i riduce per  hé crescono i sectori, le aziende e i gruppi di lavoracori dove la contrattazione col lettiva non  arriva per niente o è cosl debole da non  e   ere presa a base d i riferi n.1enro deU'i.nccrvenro legislativ   di estensione. E i contenuti stessi della tutela contrattuale si indeboliscono o addirittura cedono ilposto a forme di contrattazione concessive o di deroga in peggi   , che riducono protezioni e tutele dei lavoratori per far fron te alle crisi aziendali e ai rischi di delocalizzazione  (Treu 20] 1).

lisusseguirsi di cali concra rci  'i n perdita", anche

in  paesi  più scabili del nostro come la Germania, sta erodendo l'espressione  più tangibile dell'in fluenza del sindacato  cioè la capacità di migliorare  le retribuzioni e le condizioni di lavoro dei lavoratori.



4. I motivi non contingenti delle difficoltà sindacali


Alla base di queste tendenze stanno motivi non contingenti,  in parte comuni ai paesi  industriali  avanzati, anche se mediate dai caratteri istituzionali politico-culrurali propri di ciascun ordina.mento, in parte legare ai caraneri economici e ociali dei singoli paesi. Tal i farcori han no cono·ibu ito a configurare u n contesto nel complesso  favorevole all'activirà sindacale e alle azioni collettive in generale.

Il. cam biamenro più radicale deriva dall'agire combinato di due fenomeni che hanno alterato i fondamenti del modello economico e sociale del Novecento su cui si sono costruite le fortune dei sindacati industriali: la internazionalizzazione dei mercati e le profonde innovazioni tecnologiche che hanno pervaso i sistemi produttivi moderni. La globalizzazione  ha  alterato il campo di  azione,

 












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ALLE  CRITIC ITÀ  OD IER N E   di Tiziano Treu



 

essenzialmente nazionale, dei sindacati mettendo  in crisi le funzioni principali dell'organizzazione e quella della contrattazione di "controllare la concorrenza sui salari  e sulle condizioni di lavoro".

L:allargamento cosi introdotto nello spazio dell'economia rispetto all'ambito della politica e delle istituzioni  nazionali,  ha ridotto  fino spesso ad annullarle le possibilità di queste di regolare i rapporti collettivi entro i confini statali, come è stato fin dall'origine,  delle  relazioni industriali.

Il nuovo contesto dei mercati mondiali ha favorito l'affermarsi di un capitalismo sovranazionale sottratto alle regole al posto di ordinamenti socio economici nazionali regolati sulla base del compromesso  socialdemocratico  e dei patti fra le grandi organizzazioni sociali che hanno caratterizzato il secolo scorso (Carrieri 2011). Questa evoluzione, particolarmente  accentuata nei sistemi anglosassoni, ha sancito, anche sul piano istituzionale, l'alterazione degli equilibri di potere. fra le classi indotta dalle modifiche dei mercati. D'altra parte la pressione dei mercati, combinata  con le possibilità  offerte dalle nuove tecnologie, ha indotto profonde trasformazioni nell'organizzazione del lavoro e della produzione , scomponendo e diversificando quella base sociale omogenea espressa dalla classe operaia industriale   che

ha rappresentato fino a ieri il riferimento essenziale per l'offerta di rappresentanza sindacale, più ancora che

per  l'azione  dei  partiti socialdemocratici.

Le stesse forze hanno contribuito a scomporre le strutture e le strategie dell'impresa, con un impatto meno considerato ma non meno rilevante per le dinamiche sociali, perché ha fatto venir meno la principale controparte storica del sindacalismo e il centro di massima concentrazione della classe operaia, cioè la grande impresa fordista, su cui per contrapposizione si sono costruite le strategie contrattuali e le logiche di rappresentanza sindacale.

 

Tali processi di d iver  i 1cazione e  com po  rz1,one hanno riguardato non solo le ba  i  materiali  del p  cere

indacale, ma i valori, le iden tità , gli oriencam.enri cu l tu raL  e gli   tili d i vi ta dei .lavoratori da

rappresentare, moltiplicando le diversità di interessi e di aspettative.  Essi sono stati alimentati  da fenomeni  più generali, diffusi nella società terziarizzata, inprimis dall'affermarsi  di tendenze  culturali  individualiste (Cella 1999; Ceruti-Treu 2010) e, per altro verso, dall'irrompere  nel mercato  del lavoro  di soggetti

diversi  dal lavoratore maschio adulto, il "votante medio" del sindacato,  le doru1e prima, poi le diverse etnie di immigrati e generazioni  di giovani che non hanno mai conosciuto la fabbrica.

J.;insieme di cali  fattori  ha spostato l'asse delle relazioni   ociali  nel la direzione di una maggiore

personalizzazione e d i  una ulteriore eterogenei tà,   ioè in   enso sfavorevole   e non  ostile all'organizzazione sindcale, tanto  più  nelle forme tradizionili,  e i n genere a tutte le forme di aggregazione di interessi:

perché hanno fatto venire meno basi oggettive facilmente interpreta bili per tali aggr gazioni, e hanno indeboli to la di pon ibilicà dei n uovi lavoratori a identificarsi con i criteri di solidarietà e di altruismo che ne  costituiscono  l'alimento  ideale.



5. Valutazioni incerte


Questi fattori di contesto sono ampiamente analizzati in tutte le riflessioni sul sindacato e sulle relazioni industriali e quindi non è il caso di considerarli  oltre.

Ma la loro rilevanza in ordine allo stato e alle prospettive  del si!ltema sindacale,  non  solo  di quello i taliano , è tutt'altro che condivisa.  Le divergenze in

proposi to rillettono la complessità di questi fattori e la diversità delle linee evoluciv   del   sindacalismo

 
 









 

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riscontrabili nei diversi paesi. Ma risentono in misura percepibile di criteri di osservazione "valutativi": il che non è infrequente in una materia così intrisa di implicazioni valoriali e ideologiche anche in paesi meno divisi del nostro. È significativa la stessa terminologia adottata per indicare Ja situazione attuale e prospettica de] sindacato. Tipico è l'uso del termine  "declino' , che   egnala spesso una

inconfessata nostalgia pet i tempi eroici del Novecento e la delu ione per la fine ingloriosa delle ambizioni ema nci pacorie del movimento operaio (Feltrin 2005 157).

Altrettanto  contrastanti  sono le valutazioni circa

l'utilizzo che i sindacati stanno facendo del   loro

potere, specie neJle aree in cui esso è ancora solido, e le indicazioni sui fattori che possono influire sul loro futuro. Molti analisti vicini al movimento sindacale e simpatetici con le sue vicende, raccomandano  cautela nel trarre conclusioni affrettate, in base a ipotesi deterministiche, e invitano a considerare le variabili politico-istituzionali , da sempre rilevanti nelle dinamiche delle Relazioni industriali: cioè le strategie di risposta degli stessi sindacati e gli interventi delle istituzioni.

I.:i ovito è pertinente,  ma  è seguito da valu razioni  anche qui non  omogenee.  Le analisi

prevalenti (v. gli  autori sopra ci tati)  svolce sulla base deUa considerazione sia dei fattori endogeni. alle dinamiche sindacali sia degl i orientamenti istituzionali tendono a sospendere il giudizi0 o a escl udere il crollo definitivo  e ildeclino  irreversi bi le dei   indacari.  Tali cond u ioni  sono  peraltro  legare al contesto economico e istituzionale europeo concio ncale, da sempre più fu.vorevole  aUa presenza  sindacale, oltre che talora  agli

01:iencamenci  degli os ervacori.

In ogni caso assegnano pesi diversi ai diversi fattori che stanno alla base del radicamento e dell'influenza  del sindacato; da una  parte  agli elementi

 

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ndogeni che esprimono la capacità del indacarn d i attrarre ade  ioni   u  base  idcnricaria  e di  tutela

oll  ttiva;  dall'altra  al sostegno  istituii  nale

d i poni bile alJ'artività  sindacale dentro e fu  ri  i luoghi d i  lavoro, fino agli incentivi  alla sindacalizzazione consi tenti  nell'offerta  di servizi, individ uali e d i gruppo,  ma  comunq ue differenziati.

Ogn i i potesi sulla consistenza e sulla ten u ta del potere   i ndacale deve in efferri val utare il peso di questi   ere  ordini  di  fattori,  singolarmente consideraci

o i n com binazione fra loro· come di seguito cercherò d i fare.



6. I fattori motivazionali della sindacalizzazione e le strategie organizzative del sindacato


Indicazioni sulla rilevat1za di  fattori

'motivazionali ' per l'adesione al sindacato si trovano

in alcu ne ricerche, peral tro non ancora iscematiche né concordanti .

Una rcceme i ndagi-11e sulla situazione italiana, nel conformare la pluralità delle mot.iva1joni dei lavoratori, sottolinea come quesre si basino ancora prevalen temen te sulla esperienza delle condizioni di lavoro e per altro verso ulla capaci tà del sindacato d i tutelare tali  cond izio 1i  (Carrieri 2011).

Aggiu nge be le ce se ragioni connesse a pi n ce idenri rarie  e  ideologiche, ancord1é d ifferenziate  per  età e per esso dei lavoratori  non  sembrano  desrinare a  sparire concrariamenre a quanto ostiene una opinione diffusa; sem mai  tendono  a  combinarsi  con  altri incentivi  material i i ndividuali e  collettivi.

A motivi simili sembrano sensibili anche i lavoratori non standard che, comprensibilmente, sottolineano in particolare il bisogno di difesa del posto  di lavoro.

  














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A L LE  C RITICITÀ   O D IERN E    di  Tiziano 1ì·eu



 

Un altro dato relativo alle motivazioni rilevate nell'indagine indica come una percentuale significativa dei lavoratori considerati non sfugga intenzionalmente al contratto col sindacato, ma sia  piuttosto

difficilmente raggiungibile dai rappresentanti sindacali a causa della dispersione dei luoghi di lavoro, della instabilità dell'occupazione e della distanza anche fisica dalle reti associative. Tali rilevazioni confermerebbero

le difficoltà del sindacato di reclutare iscritti fra questi soggetti, ma anche le sue potenzialità  di  tenuta  e persino di crescita associativa: potenzialità che potrebbero essere meglio sfruttate intensificando e adeguando  i messaggi  e gli strumenti  organizzativi.

Una situazione simile è rilevata anche da ricerche europee che hanno analizzato una serie di pratiche messe in atto da vari sindacati nazionali per migliorare i metodi di reclutamento, soprattutto nei confronti dei gruppi di potenziali aderenti non toccati dal!'ordinaria attività sindacale (European Foundation 201O). I nuovi metodi organizzativi rilevati dall'indagine presentano  due dimensioni principali: per un verso fanno leva sulla importanza, anche per questi gruppi, della tutela collettiva, delle condizioni

di lavoro e di welfare, valorizzando quindi motivazioni tradizionali  di  gruppo;  d'altra  parte  si  dirigono in modo personalizzato a stimolare, anche con campagne personalizzate di informazione e di "awareness raising'  , il coinvolgimento  dei singoli in attività  di social  network che costituiscono esse stesse un incentivo ad associarsi,  e non  un costo.

Le innovazioni più utili non sono solo di carattere organizzativo ma implicano un riorientamento dell'azione sindacale capace di attivare incentivi coerenti con le nuove identità e aspettative dei vari tipi di lavoratori.

Sulla base di considerazioni simili si è argomentato, più in generale, che una risposta efficace alle nuove realtà personali  e collettive di  lavoro

 

richiederebbe l'adozione di metodi organizzativi e di tutela più vicini all'azione dei sindacati "professionali" e di mestiere proprie delle origini che non alla contrattazione standardizzata e alle campagne di mobilitazione di massa proprie del sindacalismo industriale  (Cella  2007) .



7. I limiti delle strategie organizzative e il

rischio del sindacato degli insider


Le indicazioni provenienti da tali ricerche, pur dando conto del dinamismo e di una capacità di innovazione organizzativa dei sindacati europei, che oltretutto richiedono l'impegno di consistenti risorse umane e finanziarie, riconoscono che tali pratiche innovative  non  hanno  ancora prodotto  risultati sostanziali sull'andamento della sindacalizzazione (European Foundation 2010). Il che confermerebbe le opinioni di chi ritiene insufficiente far leva sulle risorse interne del sindacato e in genere su incentivi  motivazionali anche personalizzati per invertire la tendenza al declino della sindacalizzazione. In effetti anche le pratiche  più  innovative  avanzate dalla tesi sopra richiamata, che fanno leva sulla identità professionale dei nuovi lavoratori, possono essere appropriate per gruppi fortemente consapevoli di tale identità e che, per la loro educazione e posizione professionale, possono esercitare forme significative di controllo  sul mercato  del lavoro  o su segmenti  di questo  (come facevano  le  craft unions delle origini).

Difficilmente sono applicabili con successo a quei lavoratori precari e parasubordinati provvisti di qualificazione incerta e di ancora più debole autonomia contrattuale sul  mercato.

Il controllo di gruppo sull'offerta del proprio lavoro e sulle condizioni di contratto, tipico del sindacalismo professionale, rich iede un alto grado di

 
 








 

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coesione e di capacità di azione collettiva, che sono precisamente gli elementi messi in discussione dall'indebolirsi dei legami di solidarietà e dal]'allentarsi in generale del tessuto sociale indotti dalla cosiddetta. modernità. Del resto le stesse valutazioni più ottimiste circa l'efficacia dei nuovi strumenti di reclutamento rilevano come essi siano lungi dall'essere prati cari in modo prevalente dalle organizzazioni sindacali, per le quali è difficile vincere la naturale inclinazione a concentrarsi sui rappresentanti "prediletti", cioè sui gruppi di lavoratori che ne costituiscono la base storica e che assicurano a tutt'oggi le principali risorse materiali e politiche (Cella 2007). In effetti i principali ambiti di riferimento del]'azione sindacale e dell'impegno organizzativo continuano a  coincidere con le aree tradizionali di insediamento: i lavoratori stabili dell'industria manifatturiera e del!'edilizia, i vari settori del pubblico impiego e, per il caso italiano, i pensionati.

I critici del potere sindacale, di destra e di sinistra, non hanno mancato di rilevare come tale "attrazione" naturale abbia portato i sindacati a perdere di vista gli interessi dei nuovi lavoratori in po izione di outsider, o ancor pi ù grave li abbiano distolti dall impegno ad affermare ben.i pubblici

riconosci bili  da  un  pu bblico  piì.1 vasto delle car.egor.ie tradizionali,  queU'impegno che ha daro legittimazione sociale ampia, e persino  momenti  di popolarità , al movimento  sindacale nel secolo scorso. Laffievolirsi  di tale impegno  contribuisce ad avallare l'immagine diffusa oggi nell'opinione pubblica  e talora alimentata ad arte dagli antagonisti  economici  e politici,  di un sindacato non solo accerchiato  ma orientato alla conservazione delle proprie  posizioni  di potere più che all'innovazione  economica  e sociale.

Per altro verso offusca le capacità di "rileborazione identitaria" necessarie a rendere efficaci e attrattive le stesse azioni di promozione  organizzativa e

 

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le proposte di mobilitazione rivolte da alcuni sindacati verso la società dei lavori (Carrieri 2011).

Tali considerazioni critiche hanno indotto osservatori  non  ostili al sindacato,  ma proprio  per questo preoccupati del suo declino,  a ritenere  che la possi bilità di allargare la base associativa del potere sindacale in senso più inclusivo richiede ben di più che innovazioni organizzative e motivazionali, bensì un riorientamento strategico  degli obiettivi  del sindacato che faccia leva sulla «crescita di domanda di tutela e diritti che attraversa il mondo del lavoro post fordista, tutt'altro che pacificamente  risolto»  (Carrieri 2011)  e che assuma la centralità dei lavori ridefiniti. Si tratta di indicazioni spesso ancora generiche, che sembrano evocare una nuova stagione del "sindacato dei diritti". Esse postulano un  allargamento  degli orizzonti del!'azione sindacale e il ricorso a risorse ulteriori rispetto a quelle interne dell'organizzazione, che sono necessarie  per  rispondere  alla domanda  di nuovi

diritti: da una parte risorse giuridico/istituzionali, dall'altra forme di interlocuzione di alleanza con altre organizzazioni sociali e politiche. Lattenzione del sindacato dovrebbe andare oltre le organizzazioni frequentate nel Novecento e rivolgersi a organizzazioni rappresentative di interessi diversi da quelli economici lavoristici, originati dal di fuori dei luoghi di lavoro e radicati in identità personali e sociali di razza, sesso, etnia, disabilità, orientamento sessuale, e lontane da quelle su cui hanno fatto leva i sindacati del

Novecento (Piore-Safford 2006).



8. Le dimensioni sociali dell'azione sindacale e ilproblema delle alleanze


Le dimensioni non solo strettamente associative e contrattuali sono presenti da sempre nella storia dei sindacati europei e di quelli italiani, compresi quelli

 
 










 

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ALLE   C R ITI CITÀ  O D IER N E    di Tiziano Treu

 

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come la Cisl, più legati al fondamento associativo del sindacato. Ne costituiscono un carattere distintivo rispetto ad altri modelli di sindacalismo, in particolare quello nord americano (Cella-Treu, in Blanpain, ed. 2009, cap.17). Per questo i sindacati europei si sono configurati non solo come agenti contrattuali  ma come attori centrali di coalizioni ampie,

"encompassing". Parallelamente hanno ambito a coprire aree più estese di quelle del lavoro dipendente, fino a prefigurare  una  rappresentanza  generale  a tutto

campo. Tale orientamento è emblematizzato dai grandi patti sociali conclusi negli scorsi decenni in molti paesi europei, fra cui l'Italia, e in generale dalle

iniziative di "proposta e di lottà' per le riforme assunte negli stessi periodi, peraltro con alterne vicende. Per questi motivi il potere e l'influenza delle

organizzazioni dei sindacati, quelle confederali in particolare hanno fondamenti ed espressioni  ulteriori  e più ampi di quelli, indicati dal numero degli iscritti e anche dai tassi  di sindacalizzazione.

Questa dimensione dell'influenza sindacale non è facilmente misurabile come la dimensione associativa, perché è alimentata da fattori eterogenei,

in parte qualitativi, che comprendono la capacità di mobilitazione collettiva, non solo dei lavoratori dipendenti, realizzata con strumenti diversi (scioperi, manifestazioni, raccolta di firme, referendum, assemblee, comunicazione tramite i media), e  quindi la capacità di influire con tali pressioni sulle scelte pubbliche; il potere di eleggere rappresentanze negli organismi di base, espressione di tutti i dipendenti delle imprese, anche non iscritti e di designare rappresentanti in istituzioni pubbliche di varia competenza; fino al potere, riconosciuto dalla legge in molti paesi, di estendere la tutela dei  contratti collettivi oltre l'ambito degli iscritti.

Le valutazioni esistenti indicano che l'area di influenza dei sindacati così misurata, ancorché in

 

modo approssimativo, è significativamente più vasta di quella segnalata dalla capacità associativa e tale da compensare in parte le tendenze al restringimento dei tassi di sindacalizzazione. I.:ambito del potere sindacale si allarga ulteriormente se si prende in considerazione un'altra variabile rilevante, relativamente più  recente ma di crescente peso, cioè la diffusione dei servizi di assistenza variamente configurati, che sono utilizzati, fra l'altro, come canale di rafforzamento e diffusione della propria area di influenza.

Secondo le indicazioni più attendibili (P. Feltrin 2008) tale area allargata di influenza, è non solo più ampia della cerchia degli iscritti ma risulta crescente negli ultimi anni, in controtendenza rispetto al declino associativo: una crescita del 3,9% dal 1986 al 2007 e addirittura del 8,3% se si considerano anche gli utenti dei servizi sindacali.

I..:allargamento degli obiettivi e della sfera di attività dei sindacati  italiani  si è avvalso,  come si diceva, di legami più  o meno  stretti, non  solo con i partiti pro labour ma con altre organizzazioni sociali ed economiche, comprese quelle degli imprenditori e del lavoro autonomo, al fine di coinvolgerli su obiettivi di interesse  generale  e di riforma  economico sociale.

La rilevanza di questi rapporti è stata variabile a seconda  delle circostanze  e degli obiettivi  perseguiti.

Ma oggi è messa in discussione dai rivolgimenti in atto negli assetti politici e sociali globali, perché questi incidono sugli interessi e sulla dislocazione di poteri di tutti gli attori, ancora una volta in senso tendenzialmente restrittivo degli spazi di azione del sindacato.

Limpatto è diretto sui rapporti contrattuali e si traduce sia nella riduzione della copertura della contrattazione sia nell'indebolirsi dei suoi contenuti e nel diffondersi di forme di contrattazione concessiva o in deroga che riducono tutele e standard tradizionali per far fronte alle crisi aziendali e ai rischi di

 













 







 

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delocalizzazioni. Le difficoltà si estendono dalla contrattazione ai rapporti fra le parti sociali, anche quando, in Italia soprattutto,  tali  rapporti  sono mediati dalla presenza del governo nelle tormentate vicende  della concertazione.

O'altra parte l'eventualità che il sindacato consolidi alleanze con le nuove formazioni sociali e identitarie sopra ricordate, si presenta problematica, perché i criteri informatori di queste sono eterogenei rispetto a quelli propri dell'azione sindacale e per la distanza dei tradizionali orientamenti sindacali rispetto alle istanze espresse da questi nuovi gruppi. In ogni caso la ricerca di rapporti effettivi con tali

aggregazioni,  al fine di estendere  l'ambito  dei  diritti dei lavoratori e dei cittadini, non può che mettere in discussione le tradizionali pretese di egemonia del sindacato  in quanto  soggetto  centrale  di ogni coalizione sociale. Tale pretesa sarebbe oggi priva a.i fondamento in quanto è la stessa questione lavoro che non  è più  la questione  centrale  (G.  Baglioni 2007).



9. Il sostegno pubblico al sindacato e i limiti dell'esperienza italiana


Gli obiettivi assunti storicamente dal sindacato italiano lo hanno portato a ridosso dell'arena istituzionale e politica in senso proprio. Nel contesto italiano i legami con il sistema politico sono stati costanti ancorché influenzati dai cicli politici.

Nella nostra esperienza, come in quella di altri paesi europei, l'intervento del potere pubblico è stato (finora) prevalentemente diretto a sostenere, talora in modo decisivo, ilsindacato in varie forme; con il sostegno dei diritti di presenza e organizzazione in azienda, compreso quello di riscuotere i contributi sindacali per trattenuta da parte del datore di lavoro, con la protezione del conflitto riconosciuto  come

 

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diritto, col rafforzamento  della contrattazione collettiva, e col riconoscimento di diritti di partecipazione di rappresentanti sindacali in isti tuzioni pubbliche.

È il sostegno legislativo che spiega come l'estensione della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale sia più ampia dell'ambito associativo. Tale diversità di estensione è particolarmente netta nei paesi (Germania, Francia) ove la legislazione ha previsto meccanismi diretti di estensione erga omnes dei contratti collettivi e ha sancito altrettanto direttamente un sistema di rappresentanza dei lavoratori in tutte le aziende, distinta da quella sindacale anche se variamente influenzabile dai sindacati (i vari consigli delegati previsti nella legislazione di gran parte dei paesi europei).

Interventi legislativi  così· diretti sono sempre stati esclusi nel nostro  ordinamento,  che ha mantenuto  anche in questo un  carattere fortemente pluralistico  e debolmente istituzionalizzato.  Tuttavia anche da noi l'influenza della contrattazione  collettiva

nazionale va oltre l'ambito delle associazioni stipulanti, per l'intervento  di due ordini di misure.

Anzitutto per il tramite di una giurisprudenza creativa che ha riconosciuto alle retribuzioni contrattate collettivamente ilvalore di misura della giusta retribuzione spettante ai lavoratori in virtù dell'art. 36 della Costituzione.

In secondo luogo sono intervenute nel tempo una serie di disposizioni legislative che richiedono l'osservanza dei parametri collettivi come condizione dell'ammissione a benefici e ad appalti pubblici

(T. Treu 2011). Queste misure di estensione degli effetti dei contratti non solo rafforzano la capacità di tutela contrattuale dei sindacati, ma incrementano le loro risorse finanziarie, in quanto ai lavoratori coperti dalla contrattazione è di norma richiesto  un

 
 









 

lL SI N DACATO   N EL  M O N D O  C HE   CAM B IA:  DALLA   FO R ZA  D E L  SE C O LO  S CO RSO

ALLE C R ITI C ITÀ O DIER N E   di Tiziano Treu

 

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contributo ai sindacati  stipulanti  variamente denominato (quota di servizio e simili), motivato con la protezione  offerta anche  ai lavoratori  non  iscritti.

La normativa di sostegno storica è quella dello Statuto dei lavoratori, che riconosce ai lavoratori il diritto di costituire rappresentanze  nei luoghi  di lavoro, nelle forme da esse prescelte. Si tratta di un sostegno indiretto perché l'attivazione della rappresentanza collettiva dipende pur sempre dalla capacità di attrazione e di mobilitazione delle associazioni sindacali dei dipendenti delle varie imprese, a differenza di quanto si è visto per le strutture  rappresentative  aziendali  di  altri sistemi.

La previsione nei paesi centro europei di due canali di rappresentanza collettiva in azienda non è priva di problematicità, perché i consigli aziendali godono di margini di autonomia rispetto alle organizzazioni sindacali,.anche quelle di riferimento. Di tale autonomia possono fare uso senza tener conto delle linee guida delle organizzazioni o al di là di queste, come si è visto spesso nella presente congiuntura con gli accordi in deroga, stipulati spesso dai consigli anche oltre i loro poteri formali (T. Treu 2011). D'altra parte il doppio canale costituisce uno strumento garantito di rappresentanza e di tutela dei lavoratori e un'occasione al sindacato di essere presente in tutte le aziende, anche dove non è presente come associazione e di competere per la rappresentanza in

un  organismo  generale di tutela  dei lavoratori.

In effetti la presenza di rappresentanti sindacali nelle liste dei consigli dei paesi centro-nord europei, ancorché non  necessaria  ex lege, è di fatto prevalente,

a conferma della capacità di iniziativa di quei sindacati e insieme dell'utilità di avere una base di rappresentanza legale su cui appoggiarsi anche in periodi di crisi. Questo è uno dei fattori, non l'unico ma importante, della solidità della rappresentanza collettiva in quei paesi.

 

Il rifiuto  del sindacato italiano  di accettare tale doppio canale di rappresentan za risale ai tempi delle Commissioni  interne  (anni Cinquanta)  ed è motivato per la già ricordata  ostilità all'ime:rvenco della legge nei mecca n ismi di rappresen ranza collertiva e per la rivendicazione, specie della Cisl , della preminenza  del canale as  ociativo su quello elcrcivo. Tale prete  a di egemonia, quale che ne sia il fondamento storico, ha sempre meno ragion  d'essere nell'attuale  contesto di alta dispersione aziendale e dei lavori, e di resistenza alle rappresentanze colletrive. Riflette un pregiudizio verso l'i.nterven to legislativo che risul ta sempre più  in pura  perdita,  perché priva  ilsindacaco di uno strumento di penetrazione  in territori  altrimenti non raggiungibili  e di competizione  con altre forme di rappresentanza  sopra accennate basate su valori  diversi, che possono servire a rivitalizzare  il loro approccio alla rappr,esentanza.

In effetti l'influenza del sindacato italiano è ridotta, spesso trascurabile, nelle aziende piccole e piccolissime; perché in queste aziende il sostegno rappresentato dalla sanzione dei diritti sindacali non riesce a compensare la debolezza del!'organizzazione e le resistenze dei datori di lavoro. Tale debolezza ha sempre rappresentato un elemento di criticità nella nostra struttura sindacale perché ha sottratto all'influenza del sindacato intere aree dell'economia, spesso le più rilevanti per l'espansione dell'occupazione: riduce la possibilità di un decentramento esteso ma controllato della contrattazione, che potrebbe rappresentare un

imporrante trnmento di allargamento delle tutele. La debolezza della presenza  sindacale nelle Pmi  espone

inol ri:e la concratraz.ione aziendale a deviazioni dalle linee guida della contrattazione nazionale, non solo volta ad acquisire trattamenti migliorativi ma anche a introdurre deroghe  peggiorative  agli standard nazionali.

 
 








 

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10. Le risorse politico-istituzionali del sindacato: concertazione e presenza nelle istituzioni


In realtà il rafforzamento dell'azione sindacale ha avu to fondamenti ul teriori  risperco a quelli derivami dalla legislazione di so cegno. È derivaro dai rapporri  del sindacato  con  le autorità  di governo

cen trale e locale arcraver o le varie form di concertazione e di contrattazione tripartita, e per altro verso dalla presenza di rappresentanti sindacali in istituzioni centrali e locali competenti in tema di previdenza, formazione professionale e di regolazione del mercato  del lavoro.  Concertazione  sociale e presenza nelle i ticuzion i pubblich sono due forme diverse ma  convergenti  di utili:a.o delle ri  orse

pol itico-isti tuzionali, presenti in gran parte dei sindacati europei, che vengono impiegare per

compensare il loro declinante porei;e contrattuale e per rafforzarne  l'aurorirà  sociale e politica.

L'esperienza della concertazione italiana ha avuto, com'è noto, momenti di grande rilevanza negli ultimi decenni (a cominciare dal  1977) e ha contribuito ad accrescere l'influenza del sindacato nella definizione di importanti politiche pubbliche in  tema di stabilizzazione economica, di riforme del mercato del lavoro e del sistema pensionistico.

La rilevanza di questo coinvolgimento  politico del sindacato  e le sue ricad ute sulle dinamiche sindacali sono per definizione dipendenti dal quadro politico istituzionale con cu.i il sinda ato interagisce. L'utilità di tale coinvolgi mento dipende dagli obiettivi perseguiti, dai ri ul rari della concertazione e dalla sua continuità nel tempo, perché l'efficacia delle soluzioni concertate è verificabile solo nel medio periodo (a differenza  di quelle  ricercate  in via contrattuale).

Le vicende recenti, non solo italiane, hanno segnato  una  inversione  di tendenza  anche per questo

 

aspetto, per i motivi generali di contesto già rilevati e specificamente a seguito del cambiamento delle maggioranze politiche intervenute in vari paesi in direzione meno favorevole all'azione sindacale, se non apertamente  ostili.

In alcuni casi le prassi concertative hanno avuto battute di arresto, in altri casi si sono dovute confrontare con temi controversi; non solo per pregiudizi verso interlocutori politici in office, ma perché i nuovi oggetti della concertazione implicano spesso cambiamenti negli assetti del mercato del lavoro, del sistema pensionistico e del welfare, non migliorativi ma restrittivi rispetto alle condizioni acquisite nel passato. Anche per questo hanno introdotto elementi di divisione fra i sindacati (Visser 2004), particolarmente gravi nel caso italiano, come risulta dal ripetersi di episodi di firme separate,

lontane dalla tradizione dei grandi patti sociali e della contrattazione. Tali vicende hanno reso meno evidente l'utilità delle prassi concertative per rafforzare l'attrattività  sociale  del  sindacato,  e  ne hanno indebolito la rilevanza come interlocutore politico (soprattutto delle componenti  radicali,  o in Italia la  Cgil). Il che rende acuta la (possibile) contraddizione fra potere politico delle organizzazioni, specie di quelle più inclini a concertare anche con governi  non pro labour, e potere contrattuale  delle stesse

organizzazioni, in particolare di quelle più dedite a pratiche di opposizione.

Tale deviazione non giova al potere complessivo del sindacato e incrina, con conseguenze allo stato imprevedibili,  la sua influenza  sociale e pubblica.

L'altra fonte di potere istituzionale del sindacato, risultante dalla sua partecipazione a istituzioni pubbliche è meno soggetto alle contingenze politiche e si è rivelato anche in Italia particolarmente rilevante . Ciò è significativo e in parte anomalo rispetto all'esperienza di altri paesi perché contrasta

 
 









I L SIN DACATO  N EL  MO N DO  CH E  CAM B IA : DA LLA F O R ZA D E L  SE C O LO  SCO RS O

A LLE  C RITI C ITÀ  O D I E R N E    di Tiziano Treu



 

con la rilummza del sindacaco, in particolare della Cgil, ad affrontare i cemi della partecipazione nell'impresa   (T. 1ì·eu  2010).

Tal   diversa  configurazione  dei poreri pa.rcecipacivi del sindacato i raliano incrod uce u na sfasatura fra la sua consistente  iniluenza  iscicuzionale nelle sedi pubbliche e u na presenza in azienda affidata aJ potere concraccua1e-rivendicacivo ed e posta qu i ndi alle  sue alterne  vicende.  La  conrraddizione    i aggrava

i n  periodi  di. crisi e di a.cura  pressione  competiciva sul sistema produ ttivo, che spinge le imprese a"ind mi re" i rapporti  con  i sindacati, e a conuascarne  l'area di influenza,   e non  a uscire del tucto dal sistema concrartuale costruito  nei decenni passati. Lo   i è visco emblemacica.menre  non solo nel caso Fiac, ma  in  molti al tri  accordi  di concessione italiani ed europei,  meno eclatan ti  ma altretta n to signj_ficariv i  (Treu 2011).

Questa ero  ione del potere comra rcuale del   indacaco alla ba  e del sistema si 'sra manifestando anche in

Germania,  nono  rance ilsostegno legislativo  ai con  igli

di  fabbrica. Non  pochi  o serva.cori hanno visto in ciò una conferma del  fatto che u na eccessiva.confidenza del sindacato  in un  potere istimzionale non   ostenuro da risorse proprie - capacità  dj_ associazione e di mobilitazione  - ri  chia di configurarlo  come "un gigan te dai piedi di argilla" (Felcrin  2007).

Non   ono mancare variazi.oni nelle modali tà partecipative  del sindacato. In particolare  la presenza di rappresen tami sindacali negl i organi di gesrione di grandi  enci previdenziali, a lungo mantenuta  nel tempo, è   tata d i  recente  abbandonata, perché  ritenuta

non coeren te con il ruolo negoziale e rivend icativo del sindacaco.

Per questo è stata sostituita da una presenza nei consigli di vigilanza degli stessi enti, resa possibile dall'introduzione  del sistema duale. Ma anche in  questa versione il peso del sindacato nell'indirizzo e nelle scelte di tali enti rimane   consistente.

 

La presenza sindacale si è inoltre diffusa con varianti in un ampio spettro di sedi   istituzionali

- commissioni miste, osservatori sul mercato del lavoro, enti bilaterali, eccetera - competenti in materia di mercato del lavoro, formazione professionale, previdenza: queste presenze

co  cicuiscono  un  reticolo  panecipacivo, spesso senza competenze gestionali, ma comu nque in  grado di esercitare  u n'influen.za significaciva  su  imporrami settori delI'ammi.n iscrazione  e deLle  poli tiche  del lavoro.

Analogamente rileva nte è l'influenza del sindacato ali interno delle pubbliche ammi niscrazioni, non   olo nella disciplina del rapporto  ma negli  aspetti applica.rivi di cale disciplina  tramite un  uso estensivo dei diritti di "informazione,  consultazione e confronto",  sanciti dalla legge e di solito estesi dalla contrattazione collettiva.

L'esercizio di cali di.ricci è sovente equ ivalso a forme di so canziale codesiooe o a un potere sindacale di vero sulle decisioni del management  pu bblico.

Queste prassi  cogescionali  di fatto sono state oggetto

di critiche crescenti  negli ultimi anni, non solo  da molri osservatori che ne hanno denunciato il ca rattere invasivo e di ostacolo alla modernizzazione de.I s rema pu bblico, ma dalla opiuione pu bblica che ha visto nel sindacato il responsab ile della inefficienza e dei disservizi  delle pubbliche  amministrazioni,  nonché degl i abu  i nella gestione dei rapporti di lavoro

(diffuso a senteismo, scarsi conrrolli sulle prestazioni, appiartimen ri rerributivi).

La riforma dei rapporti di l'ubblico  impiego, introdotta  nel 2009 (D.Jgs  150), anche   uU 'onda di cale critica, è non  a ca ·o interven u ta a ridimensiona.re  i

poteri acq uisiti dal sindacato nella gestione dei rapporci  pu bblici con l'obierrivo di ricondurli

nel!' ambito delle funzioni proprie contrattuali e di informazione.

  








AREL la rivista I I/20n



 

itratta d i  un  incervenro  resrr i ctiv enza precedenr.i.  da pane di u n legi  latore   roricamen  e alquanto benevolo nei confronri del sindacato; inrervenro  canto pi ù  rilevanre perché  incide su  un

ettore ch.iave, nna vera roccafo rte del pote re inda aie. Cefficacia di rale riforma non è peraltro icura né prevedibile .



11. Le attività di servizio del sindacato:

Caf, patronati, enti bilaterali


Una  importante espressione  del poter

indacale, partico larmen te rilevante nel caso i talia no, con  iste nella bilateralità e nella erogazione dei servizi di assistenza ai lavoratori . Gli emi bilaterali, con amministrazione  congiunca, di  norm a paritetica, di rappresentanti   indacaJ i e datociali, sono di origine contrattuale e si sono sviluppare nel  tempo con

funzioni e con risorse privatistiche, cioè derivare dalla stessa contrattazione. E emblematico il si rema

elaborato dalla categoria edile, con nesso con la contrattazione che si svolge a livello terri toriale data la particolar e d i persiane della struttura prod uttiva del settore. Le casse edili hanno svolto fumjoni  sia di

am ministrazione di isti ruci conrrarruali (ferie, festivi tà, grati.fiche), ia di carattere assistenziale (indenn ità in caso di malattia, di interruzione del lavoro per cause metereologiche, eccetera). In fa i succes ive questi enci hanno assunto compiti via via più vasti, comprendenti l' rogazione d i ervizi diversi agli associati e prestazioni di welfare a cararrere integrativo e anche o ticutivo del istema pu bblico.

Tale evoluzione è stata accompagnata da soscegn.i  pubblici  sia di tipo normacivo sia di tipo finanziario,  correlaci allo svolgimenro di funzioni ormai giu n te a ridos  o del welfar   pu bbl ico: anche qui è emblematica,  fra tmte, l'evoluzione delle casse   dii i .

 

Ad  esse no   taci  progres  ivamenre attribuici compici pubbl i ci qual i la certificazione d  Ha regolaricà

contributiva dell im pre e l 'o  ervazione  il concrol lo sul mercam del lavoro, poce.ri di i  p zione e di

consulenza in rema cl.i si  lLcei.za sul lavoro. Lo

svolgimenro di tali funzioni ha omporcaro il riconoscimenro, sia pure indfretto, della obbligarorierà della iscrizione alle cas e e del versamen to dei relativi conrri buci; il eh ha dato u na norevol consistenza finanzia.ria alle casse.

Anche gli enti bilaterali costituiti dalla contrattazione collettiva nel seccare deU'artigianaco hanno avuto u n grande sviluppo funzionale e finanziario: in particolare han no acquisi to il compito di erogare prestazioni nei casi d i so pensione e di

di occu pazione in carenza di copertura degli ammortizzacori sociali pubblici. Per tale ragione  cale

intervento della bilateralit à è  oscenuto con conrribuci starali, che si aggiungono a quelli delle parei. In altri settori (bancario   assicurativo)  il costo di queste previdenze  è a carico delle pani; ma l'intervento del fondo di solidarietà a sostegno della mobilità vigente in cali  enori è reso possibile da una normativa che permette deroghe alle regole generali sugli ammorrizzarori  sociali e sull'età del pen  ionamenco.

Un'u l teriore a1·ea di intervento degli enti

bilaterali, di grande rilevanz,a ociale e Finanziaria, riguarda l'amministrazione dei fondi incerprofessionali per la formazione alimentati da contribu ti obbligacori delle parti, e quindi anch'essi parteci pi di wn natu ra para pubblica.

Come si vede da questi esempi, ma alcri

porrebbero aggiungersi, a cominciar   dalla previdenza dalla sanità integrative, le pani sociali italiane hann o

istiruico una fitta rete di strumenti cogesti ti., eh

garan tisce loro contarti stabili   on u na mol ti tudine di soggetti ben  più vasta della loro area di influenza associativa, che riguarda  temi cruciali per la loro

 
 








 

lL SI N DACATO  N E L  M O N D O  C H E  CA M BIA : DAL LA  FO RZ A  DEL  SECO LO  S CO RS O

AL LE   C RIT I CITÀ  O D I ER NE     di  Tiziano Ti·eu

 

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autorità sociale e che nello  stesso tempo   costituisce

una  fonte consistente  di  finanziamento  per  i sindacati .

Per questo si è detto (Carrieri 2011)  che  il sistema così costruito rappresenta una versione italica di quelle forme istituzionali di sostegno alle attività sindacali di servizio pubblico e privato che hanno fatto una ultradecennale esperienza nei sistemi nordici (il cosiddetto  sistema  di Ghent).

La nostra bilateralità è una versione debole e pa rziale di questo sistema perché non ha assunto (ancora) carattere esplicitamente obbligatorio e sostitutivo dell'amministrazione pubblica del welfare. In particolare non si è esteso, come in quei paesi allo svolgimento delle funzioni di intermediazione della manodopera nel mercato del lavoro, e di amministrazione dell'indennità di disoccupazione.

Una scelta in tale direzione è frenata dai dissensi esistenti  al riguardo  fra i sindacati.

D'altra parte ha operato una certa esitazione a devolvere alle parti sociali funzioni gestionali così rilevanti, in assenza di consolidate tradizioni ed expertise in materia e a fronte di scarse capacità di controllo pubblico (carenze riscontrate già nell'amministrazione delle attuali funzioni). In definitiva si è rimasti "a metà del guado".

Peraltro le attività di servizio dei sindacati italiani hanno avuto un'altra direzione di sviluppo, gestito in proprio, grazie soprattutto alla attività dei cosiddetti  sportelli  Caf e dei patronati  sindacali.  I

patronati sono roricamence organizzati dalla maggiori confederazioni e osrenuri dalla legge con il compito di assistere i lavoratoci  nel! pratiche  previdenziali,

relative alla Cassa integrazion e e a i sus idi di disoccupazione. Dato questo compito i patronati  operano soprattutto nell'area dei pensionati e dei lavoratori in uscita dal mercato del lavoro e per questi agiscono come un importante canale di sindacalizzazione.

 

Più ampio è l'ambito  di azione  dei Caf  e quindi la loro capacità di influenza . Si tratta di un fenomeno relativamente  nuovo  nella nostra  esperienza  che si è

avvalso della creazione di numerose  aziende di  servizio, I

con  caratteristiche  organizzative  e  comportamenti di

mercato  lontani  dalla  tradizione  dei servizi sindacali. i'

Lattività di queste società del sindacato, I riconosciute come centri autorizzati di assistenza

fiscale, è cresciuta in modo esponenzial e, specie nei primi  anni, quando  si è svolta  in  assenza di

concorrenti attrezzati. In seguito la crescita è rallentata per l'aumento della concorrenza da parte di analoghe società costituite da altre associazioni datoriali e di professionisti esperti di assistenza fiscale. Ma ancora oggi tre dei primi dieci Caf nazionali  che coprono il 75% del mercato sono collegati ai sindacati dei lavoratori; e il numero dei 730 elaborati dai Caf è  passato  da  10.17.652 nel  2000  a  13.814.631  nel 2005

(Feltri.n 2007).

La rilevanza di questa ace,ività di ervizio per la tenuta della sindacalizzazione è variamente giudicata. Secondo l'indagine sopra ricordata essa non andrebbe sopravvalutata, in guanto solo una percentuale minoritaria di lavoratori giudica l'utilizzo di servizi di assistenza una ragione (esclusiva) di adesione al sindacato.  D'altra  parte  chi sostiene il  ruolo  trainante di tali servizi anche per la sindacalizzazione adduce l'importanza ad essi attribuita  da tutti  i sindacati  eurnpei i  raffrnnci  comparaci  degli andamenti della indacalizzazione. uesci mo  erano perfomance relacivam ence migliori i n quei paesi dove i sindacati hanno esteso  il loro intervento  in varie attività di servizi; in particolare nella versione nordica ove cali interventi si estendono al controllo del mercato del lavoro, in entrata e in uscita. In ogni caso l'espansione di tale ruolo di servizio nei paesi nordici favorisce meccanismi semiautomatici di adesione al sindacato, grazie a un  monopolio  nella  erogazione  di servizi che

 
 








AREL la rivista I I/ 20n



 

incidono non solo sulle vicende del rapporto ma anche sulla posizione dei lavoratori nel mercato del lavoro e nel welfare: cioè in aree sempre più critiche per le sorti dei lavoratori nel presente stato di alta turbolenza economica  e sociale.

Un simile sostegno istituzionale e semiautomatico ali'adesione al sindacato, sia pure con una variante meno diretta, è presente anche nel nostro ordinamento nella misura in cui il sistema dei servizi e della bilateralità ha assunto connotazioni fortemente incentivanti l'adesione. A conferma di tale ipotesi si è rilevato come la diffusione dei Caf sindacali è solo in parte (Feltrin 2007, p. 174) riconducibile alla dimensione della base associati.va, che pme rappre enta il portafoglio clienti di riferimento   e copre .uee di utenti sensibilmente superiori a queUa degli iscritti.



12. Come riorientare l'azione sindacale: politica, tutela contrattuale, servizi


Le indicazioni fìn qui svolte danno segnali contrastanti  in  ordine  alle  diverse  dimensioni del potere sindacale, anche se confermano la loro compresenza  nei  moderni  sistemi di relazioni industriali. Il passaggio alla società terziarizzata ha eroso le basi sociali su cui i sindacati industriali hanno costruito la loro forza organizzativa nel secolo scorso. Con l'avvento della globalizzazione si è anche ridotta l'utilità della contrattazione  nazionale  come strumento di tutela  collettiva.

Non si tratta di un mero ripiegamento congiunturale, perché il ciclo negativo, pur con le varianti ricordate, si avvicina al trentennio.

E i fattori determinanti non sono reversibili se non in parte. Ciò ha portato alcuni a ritenere improbabile che il sindacato possa invertire con le sue sole risorse la tendenza al declino o ali'accerchiamento.

 

Al più potrebbe mantenere le posizioni nei settori tradizionali di insediamento senza espandersi in settori innovativi, in crescita e senza attrarre i giovani che li popolano.

Gli stessi sindacati, almeno quelli europei, hanno infatti reagito per lo più allargando il campo dei loro interessi e dei loro interlocutori oltre il tradizionale ambito delle relazioni industriali, secondo quello che si è chiamato il modello della socia! coalition. Tale modello implica più forti rapporri con i partiti politici di riferimento e con le istituzioni nazionali, minor peso al!'azione contrattuale in senso stretto, ricerca di alleanze, peraltro sporadiche, con altri settori deprivati della società e crescita dell'offerta dei servizi individuali.

Tale allargamento di campo dell'azione collettiva ha comportato una estensione dell'area di influenza sindacale nelle varie direzioni sopra ricordate. Ma non ha avuto sufficiente incidenza sul versante  della sindacalizzazione,  specie delle giovani

generazioni. Secondo alcuni  tale  strategia,  che riprende il modello del Novecento,  rinuncia  a sfruttare  gli esistenti bacini potenziali di persone interessate al sindacato, riscontrate anche fra i giovani. Senza dire che queste  dimensioni  di influenza  sindacale  sono le più direttamente esposte alle variazioni del quadro politico, che in tutta Europa si sta evolvendo in senso sfavorevole al lavoro organizzato, e che colpisce anche sistemi  fortemente  consolidati  come  quelli nordici.

Il caso italiano presenta accentuate queste criticità su più versanti. Le perturbazioni del quadro politico, si riversano sul sistema di Relazioni industriali, per lo più accentuando le divisioni fra i sindacati, con forme di neo-collaterismo, fino al punto di bloccare la concertazione e di impedire la ricerca di soluzioni condivise anche su regole fondamentali della contrattazione: caso eccezionale nella storia italiana ed europea. La divisione sindacale ha messo in dubbio il

 
 













 

I L  S I N DACAT O N E L M ON DO  CH E  CA M B IA : DA LLA  FO R ZA D E L SECO LO  SCO R SO

AL LE  C R I TI CITÀ  O D IER N E   di Tiziano Ti-eu

 

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potere di vero de.ten u to dal  no  ero sinda  ar   , pi ù o meno e  plicicamen te,  in  moi re qu    rion i di  lavoro: una forma d i  potere  negativo,  ma con  i tente, e per i

cri rici   troppo spesso u ti l izzato per  bloccare  riforme ne  es  arie. La rottura fra giJ, Ci  Ie Uil  verificatasi nel l'attuale  legi  larura  rende a e eludere o a limirare fortemente  i l  porere  di interd izione deUa  Cgil,  ma rende  pit1 costoso per  tutto  il   indacato  l'uso di cale potere;  inoltre riduce la   tessa possi bilità  d i Ottenere

conrropai:rice adegua te ai.sacrifici oggi spesso cid1iesti al mondo  del lavoro.

D'altra parte il nostro sistema si è privato, per motivi che abbiamo spiegato sopra, di due sostegni istituzionali vicini alla base tradizfonale delle Relazioni industriali: cioè la sanzione legislativa di

rappresenrani,  generali del lavoratore in azienda come

i consigli di altri paesi  e ilsostegno a forme di parte  i pazione d  i  Lavoratori  nell'im presa  u rile ad

arricchir   l'offerta  indacale verso ilavoratori e verso

l'impresa tramite patti  di produttività condivisa.

Inoltre il nostro  sistema è debole nella tutela di beni pubblici  sociali, in particolare  nelle misure  di welfare  di tipo inclusivo.  Lltalia è l'unico paese privo di reddito  minimo  di inserimento,  di ammortizzatori sociali universali  e di un salario minimo. E l'otrenimenco  di queste  misure  non  è   taco  fra le priorità  del  nostro sindacato,  che   i è privato  cosl di

un'importan te occasione per altaJgare la propri a  offerta ociale e la amattività  ver  o le giovanj generazioni.

D'altra parte la rete di partecipazione nelle istituzioni del mercato del lavoro e del welfare pubblico non ha raggi unto l'intensità che ha fatto la forza dei sistemi nordici, per divisioni e incertezze del indacaro sresso pi ù che per resistenze pol itiche.

Lo svilu ppo di enti bilaterali  ha costiruito negli

ultimi  anni  un  importante stTwnento  per estendere l'area di  infl uenza   ociale,  finanziaria  ed anche

associativa  del  nostro  sindacato.  Tane' è  che  si  è parlato

 

di una "via italiana" al consolidamento del ruolo del sindacato (Carrieri 2011).

Secondo alcuni il ricentramento dell'azione

sindacale dovrebbe ridare priorità di attenzione e di

risorse  all'arena  delle  relazioni  industriali,  puntando in J

prùnis  proprio  su l l'offerta  dei servizi, anche  come

stru men to d i recupero associac.ivo, e in secundis sull'azione contrattuale, ridimensionando invece il peso delle "arene politiche". Questo approccio ha implicazioni più vaste ispirate a un modello di tipo new unionism (Felcrin 2007); conferma la multidimensionali tà delle azioni sindacali, ma ridefinisce  il peso  delle principali  attività tipiche in

modo diverso dal modello della social coalition. Questo lega il futuro del sindacato anzitutto ai suoi rapporti con i sistemi politici . La proposta di  new u.nionism invece riconferma  la fiducia  nella capacità del

sindacato di rafforzare le sue basi associative e di fornire tutele, sia pure innovando in particolare nell'area dell'offerta dei servizi.

Il bilanciamento fra queste diverse aree di  azione è da sempre una scelta diffi ile per il indacaro. Oggi richiederebbe equilib.rio e in iem capaci tà di celta maggiore che in pas aro, per l'incertezza del comesco  e qu indi della "resa" degli investimenti nei vari settori. In real tà ilsindacato jraliano  non  sembra  imenzionaco a

scegliere e tende a combinare  (o a giustapporre)  le varie ·f direzioni di iniziativa. Sono peraltro visi bili le diverse inclinazioni  delle tre confederazioni:  in particolare  fra

la Cisl e Uil che promuovono molto gli Enti bilaterali e la Cgil che frena.

In particolare il rapporto fra iniziative del sindacato sul suo terreno proprio  (delle Relazioni

industriali e della tutela sociale) e le scelte politiche presenta una tensione non risolta. La difficoltà del sindacato di invertire le tendenze negative in atto facendo leva solo su risorse proprie ha motivato la ricerca di un appoggio politico-istituzionale.  Ma

 
 




AREL la rivista I I /2on



 

questo non cancella la precarietà di un legame con un quadro politico che è mutevole e ora sfavorevole al mondo  del lavoro.  La  contraddizione  è tanto più

grave quando, come nel caso italiano, il sindacato non possa contare su istituzioni stabili, relativamente autonome dalle contingenze  politiche  e quindi  capaci di scelte anche normative  durevoli, come lo sono  quelle di altri paesi.

Cosicché anche l'impegno del sindacato sul fronte istituzionale risulta esposto ai variabili orientamenti e partigianerie dei partiti politici con cui deve di volta in volta  rapportarsi.



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